Di Vittorio Venditti
E Poi Non Dire Che E’ Colpa Mia!
Art. 1:
L’Italia è una repubblica di fessi fondata sul credere nell’utopia…
Potrei riscrivere l’intera “Madre di tutte le leggi” utilizzando questa metrica, ma per ora, evitando di tediarti più del necessario, mi fermo qui e ti racconto perché tanto sarcasmo.
I fatti:
Per sopraggiunte ragioni familiari, in possesso dei benefici derivanti dalle disposizioni imposte dalla legge 104/92, chiedo all’azienda presso cui presto servizio di poterne modificare la fruizione.
Nulla questio da parte di quest’ultima, ma, come in ogni richiesta che si rispetti, ecco, immancabile, l’intervento della burocrazia, unica vera produzione in cui i nostri dirigenti, da sempre, sono inarrivabili maestri.
Ma che è successo?
Semplice:
Collegandomi tramite internet al sito dell’INPS per “esperire la pratica”, (vedi come so parlare il burocratese!), dopo essere riuscito a superare l’ostacolo imposto dal collegamento che, se fosse stato fatto dall’Afganistan, forse avrebbe dato meno problemi, ecco la carnevalata:
Non è possibile compilare on line l’apposito modulo, ma quest’ultimo, con relative istruzioni, va scaricato, compilato a mano e consegnato pro manibus alla locale sede INPS in duplice copia, ente che, ricevuti i documenti, (corredati da tutta un’altra serie d’incartamenti), “provvederà ad acquisirli ed a restituire una delle due copie, corredata dal numero di protocollo, copia che, l’utente dovrà successivamente restituire all’azienda presso cui lo stesso presta servizio, in attesa che INPS, con propria comunicazione, avvertirà dell’avvenuto cambiamento richiesto, (sempreché venga ritenuto legittimo), sia il richiedente che l’azienda in questione, ovviamente via posta ordinaria”.
Non mi credi?
Allora scarica questo download!
Da dire che la richiesta in questione, va proposta almeno un mese prima della sua attuazione…….
Tutto ciò, alla faccia della banda larga, e soprattutto dei disagi creati a chi, con le moderne tecnologie potrebbe a pieno superare determinate barriere architettoniche.
MA ANDATE A QUEL PAESE!!!
E poi ci vengono a parlare di modernizzazione dell’amministrazione pubblica, di P. E. C. e tante altre stupidaggini proposte a parole ma adeguatamente ignorate nei fatti.
A tutto ciò, va aggiunta l’ovvia imposizione di orari di sportello, che non sono uniformemente distribuiti durante l’arco della settimana, ma ingegnosamente resi complicati da ricordare.
Nel caso specifico, ieri mi è toccato attendere le sedici, avendo a disposizione a seguire un’ora di tempo per dare l’arrembaggio allo sportello, sempreché si riesca a mirare quello giusto.
Entrando nella sede INPS di via Zurlo a Campobasso però, immediatamente mi assale un dubbio.
L’androne, stranamente, era provvisto di scivolo per le carrozzelle di eventuali utenti inabilitati a muoversi autonomamente.
Varcata la vetrata d’ingresso però, trovo solo ed esclusivamente scalini.
La domanda sorge spontanea, (avrebbe detto Antonio Lubrano):
Come faranno questi in carrozzina a salire i gradini in questione?
Misteri della fede.
Entrando, altre difficoltà, non sormontabili neanche da chi, per abitudine, frequenta quegli uffici.
Una macchinetta, distribuisce biglietti che indirizzando l’utente verso ogni sportello, pretenderebbero d’indicare a costui anche l’argomento richiesto.
Peccato che se uno non è di casa debba perdere tempo a leggerne le istruzioni, facendo perdere tempo a chi, a seguire, gradirebbe prelevare lo stesso biglietto per rispettare la conseguente fila.
Come Dio ha voluto, ho trovata un’anima santa che, conoscendo il mio problema, mi ha indicato quale biglietto acquisire.
Ovviamente, (non ridere), sia pur in buona fede, questa persona ha sbagliato.
Sééé!!! Troppo bello, ma seriamente vero!!!!
Giunte finalmente le quattro, attendiamo la chiamata da uno schermo posto nel punto di raccolta dei clienti.
Senza che ti tedi, raccontandoti delle difficoltà trovate da chi mi accompagnava, per leggere le istruzioni proposte da tale schermo, passo direttamente a quanto accaduto allo sportello che per dirla con il compianto Nino Manfredi, nel celeberrimo film, “In nome del popolo sovrano”, dove il nostro si esprimeva dicendo:
“Attento al gradino che so due”,
Io constatavo di dover stare attento allo sportello “che erano due o tre”…
Sì, perché una volta seduto di fronte alla persona che mi accoglieva, visti i miei documenti, questa, in vistoso imbarazzo, cominciava a girare per l’ufficio, chiedendo come poter risolvere il problema.
Vengo indirizzato ad un altro sportello, per fortuna senza dover tornare presso la diabolica macchinetta bigliettaia.
Arrivo al secondo sportello mentre da lontano, in maniera casareccia, l’impiegata di prima avvertiva il nuovo ospite del problema che gli stava aggiungendo.
Al mercato avrebbero gridato con minor foga.
Bypassata la buona fede degl’impiegati che comunque hanno mostrato sicuro senso di comprensione ed un certo grado d’impegno nel voler risolvere il problema, passo ad un’altra mia perplessità.
Dopo che il nostro secondo operatore aveva acquisite le mie scartoffie e le aveva fatte girare per non so bene quante porte degli uffici adiacenti, eccolo di ritorno, pronto per stampare il numero protocollare in duplice copia.
Ma non poteva finire così!
Sarebbe stato troppo facile.
Volendo essere (a suo modo) a mio servizio fino in fondo, il nostro provvede a stampare una terza copia del fascicolo in questione:
“ad uso privato”.
Ma nel mondo reale esistono gli scanner!
Si poteva evitare questo spreco di carta, pagata con le nostre tasse?
Tutta questa manfrina terminava, finalmente, verso le cinque meno un quarto.
Tre quarti d’ora per protocollare un documento, altrimenti archiviabile in due minuti, utilizzando internet, e soprattutto, senza costringermi a perdere un intero pomeriggio, con inutile spreco di tempo e di benzina da parte mia, e di carta e quant’altro occorre, da parte dell’INPS.
Un’ultima cosa va rimarcata in merito all’alto senso civico dell’italiano medio, ed alla solerzia d’azione dei vigili urbani del nostro capoluogo di regione, non molto dissimile da quella in auge presso gli omologhi gambatesani.
Attendendo l’apertura degli uffici, ho avuto modo di contare almeno tre macchine che, incuranti del passaggio da lasciar libero, parcheggiavano a turno proprio di fronte il portone dell’INPS, senza che nessuno glie lo vietasse o prendesse provvedimenti nei confronti di questa “brava gente”, tutto ciò, mentre una decina di metri più in là, erano disponibili regolari parcheggi muniti di strisce blu.
Già, ma quelli si pagano…
Che te ne pare?