Gambatesa: Festa Di San Giuseppe
19 Marzo 2016
OGGI: DOMENICA DELLE PALLE
20 Marzo 2016
Mostra tutto

Enews 418, sabato 19 marzo 2016

Di Matteo Renzi

1. Nel cuore di Bruxelles.

La polizia belga ha arrestato ieri Salah, l’unico sopravvissuto dei terroristi del Bataclan di Parigi. Sono contento. Penso alle famiglie delle vittime, cominciando da quella di Valeria Solesin. Tutto risolto, dunque? Ovviamente no. La minaccia terroristica esiste e resiste dappertutto, anche in Europa, anche in Italia. Dunque è fondamentale non abbassare la guardia, investendo sugli strumenti tecnologici (in questo caso il terrorista è stato individuato grazie a un vecchio telefonino), sulla sicurezza, sulle forze di polizia: qui il discorso a un seminario della Polizia di Stato martedì scorso.

Ma vorrei condividere con voi una riflessione ulteriore.

Il terrorista Salah è stato ritrovato a casa sua. Cioè nei luoghi in cui è nato, cresciuto, diventato uomo. Non era in Siria, non era in Afghanistan, non era in Africa, non era su un barcone. Era a Bruxelles, in un quartiere della città. A due chilometri di distanza da dove si tengono i vertici dell’Unione Europea.

Da mesi l’Italia dice in tutte le occasioni che accanto a una risposta credibile sul piano securitario l’Europa deve avere una strategia sui temi della cultura, delle periferie, dell’educazione. Lo abbiamo sintetizzato con una proposta che è già diventata legge nel nostro Paese con la Stabilità: per ogni euro investito in sicurezza, un euro investito in cultura. Per ogni euro investito in Polizia, un euro investito in educazione. Sono gli stanziamenti già previsti dalla legge di stabilità. Ma ogni giorno che passa siamo sempre più convinti che questa proposta italiana debba diventare legge anche in Europa. Gli attentatori di Parigi erano cresciuti in Belgio. Il boia dell’Isis era cresciuto in Inghilterra. I killer di Charlie Hebdo erano francesi. Esiste una questione educativa in Europa che è rilevante almeno quanto quella securitaria. Sottovalutarla sarebbe un errore clamoroso.

Chi di voi ha letto oggi qualche reportage da Bruxelles trova questa frase impressionante e illuminante di un conoscente di Salah: “ Solo voi stranieri potevate pensare che uno nato e cresciuto a Molembeek potesse andare via”. Uno nato e cresciuto a Molembeek, Bruxelles, Europa. Spero che la proposta italiana – che presto diventerà anche la proposta di tutta la sinistra europea, socialisti e democratici – sia fatta propria anche dagli altri Paesi. E che si dia centralità agli investimenti educativi, culturali, urbanistici nelle periferie di tutta Europa. Per ogni euro in sicurezza un euro in cultura, per ogni euro alla polizia un euro nelle scuole. Altrimenti non perdiamo solo la sfida del terrorismo: perdiamo noi stessi.

2. Le bufale. Atto primo, i numeri sul lavoro.

Adoro la bufala quando si tratta di mozzarella. Un po’ meno quando si parla di politica. Ma in questa settimana ho molto riflettuto su un incredibile elenco di falsità che circondano l’azione del Governo e spesso l’immagine del Paese. Per molto tempo ho pensato che la soluzione migliore fosse non rispondere. Forse però non è la strategia migliore. Perché noto una strategia: alcune bufale-leggende metropolitane ripetute costantemente debbono diventare la realtà. Qualche mese fa lessi una dichiarazione del leader del Movimento 5 Stelle, Gianroberto Casaleggio, in cui sosteneva la sovrapposizione di viralità e verità: ciò che è virale, diventa vero. Per me tutto ciò è allucinante. Ma forse vale la pena dedicare tutte le settimane un piccolo spazio delle enews per parlare di bufale. Ce ne sono tante, le affronteremo una alla volta: questo governo non è eletto democraticamente, il referendum sulle trivelle, le pensioni di reversibilità, i tagli alla sanità, l’acqua pubblica, i favori alle banche, i condannati e la costituzione, la crescita economica, le riforme costituzionali che danno più poteri al Governo, la scuola, i vitalizi, i tagli agli stipendi, i fondi europei. Potrei fare un elenco lungo tre pagine. Faremo meglio: una per una, le smonteremo con la forza dei numeri. Perché la verità è diversa (e più forte) della viralità. E perché la realtà vince sulle bugie: magari ci mette un po’ di tempo. Ma poi vince la realtà.

Prima tappa della rubrica “Le bufale” dedicate al JobsAct.

Il JobsAct è una riforma del nostro Governo che si compone di due pilastri: una parte normativa e una parte di incentivi (irap costo del lavoro e esonero previdenziale).

Questa riforma nel primo anno ha prodotto i seguenti risultati:

1. Più 913.000 contratti a tempo indeterminato. Fonte: INPS. Sono contratti, non posti di lavoro. Ma sono contratti firmati ufficialmente, quasi un milione, a tempo indeterminato. Un risultato strepitoso.
2. Più 468.000 occupati permanenti. Fonte: ISTAT. Qui si tratta di persone. Che prima non avevano un contratto a tempo indeterminato e adesso ce l’hanno.
3. Più 221.000 occupati totali. Fonte: ISTAT. Questo ultimo dato è più basso degli occupati permanenti perché in molti casi un ragazzo che aveva il contratto precario si è visto offrire un contratto a tempo indeterminato. Per le statistiche questo non è un posto di lavoro in più totale, ma solo una trasformazione.
Insomma: 221mila persone prima non avevano un lavoro, ora ce l’hanno. 468Mila persone prima non avevano un lavoro stabile, ora ce l’hanno. E quasi un milione di contratti a tempo indeterminato in più sono stati firmati in un anno. Merito più delle norme o più degli incentivi, discutono i tecnici. Io credo che sia merito di entrambe le cose (non a caso le abbiamo fatte insieme, non è stata una coincidenza astrale: e l’anno prima gli incentivi del Governo precedente non avevano funzionato). Ma il dato di fatto è che la riforma del JobsAct produce più posti di lavoro e posti di lavoro più solidi.

Chi parla di questa riforma come di un fallimento dovrebbe fare i conti con la realtà.

Da italiano invece dico che non sono contento: avrei preferito che questa bella riforma fosse fatta da chi mi ha preceduto negli ultimi anni. L’avessero fatta loro, io avrei avuto una riforma in meno da presentare nel rendiconto ma molte famiglie avrebbero trovato lavoro prima. E dunque non posso essere contento: i tedeschi hanno agito dieci anni prima di noi. E i risultati si vedono.

3. Spreco alimentare.

Su matteo@governo.it ricevo molte mail. E tra le cose che leggo più volentieri ci sono le storie di volontariato concrete. Perché uno dei campi in cui l’Italia è leader mondiale è il volontariato e l’associazionismo. Ma compito della politica non è soltanto ringraziare il volontariato: occorre fare un salto di qualità per rendere i valori del volontariato centrali nelle politiche. In questa direzione vogliono andare la riforma del terzo settore (che sembra finalmente in dirittura d’arrivo) e alcuni provvedimenti specifici come quello sulla legge contro lo spreco alimentare, promossa dalla deputata democratica Maria Chiara Gadda. Chi di voi ha fatto il volontario anche solo una volta con i ragazzi del Banco Alimentare o di altre realtà simili sa quanto sia importante combattere la cultura dello spreco. Questa legge – approvata in prima lettura e adesso all’attenzione del Senato – va esattamente in questa direzione. C’è una politica che sa fare anche buone cose, anche nel silenzio pressoché totale di media e addetti ai lavori. Anzi, lasciatemi ringraziare – oltre ai parlamentari – chi lavora da tempo sul territorio in questo settore, a partire dai primi cittadini, specie dei piccoli comuni: il prode sindaco di Sasso Marconi Stefano Mazzetti lavora da tempo sulla rete dei sindaci antispreco, con la collaborazione del prof. Andrea Segrè che è un’autorità in materia. Non sprecare ciò che abbiamo è una assoluta priorità. E chi vuole saperne di più: www.sprecozero.net

Pensierino della sera. È la festa del papà. Chi segue le enews da tempo sa che amo molto le riflessioni di Massimo Recalcati, un pensatore italiano molto stimolante, che ha prodotto numerose suggestioni sull’eclissi del padre nella società di oggi. Ne ha scritto più volte, in varie sedi. Recalcati parla del nostro tempo e della nostra società evidenziando i rischi di “una patria senza padri”. è una riflessione molto interessante, che andrebbe fatta sempre di più in un dibattito politico troppo spesso volgare e meschino. Ne parlo oggi perché la festa del papà è anche occasione di un pensiero più sociologico e politico. Poi però mi spoglio dei panni del dirigente politico. E voglio fare gli auguri a tutti i papà. Anzi, lasciatemelo dire in toscano: a tutti i babbi. Un pensiero speciale a chi non ha più un padre da abbracciare. A chi lo ha perso quest’anno, magari per una malattia. O in servizio per il proprio Paese, come purtroppo accaduto ad alcuni: incontrarvi, ascoltarvi, leggere le vostre email significa immergersi in un’esperienza dolorosa ma anche molto umana e intensa. è una festa bella, questa del 19 marzo. Ma per alcuni di voi è anche una festa difficile: spero che possiate sentire l’affetto di tutti gli italiani. E, ne sono certo, di chi vi vuole bene.

Un sorriso,

Matteo

Post-Scriptum. Gli amanti della musica avranno apprezzato la notizia di un concerto speciale, in un posto speciale: 45 anni dopo, nel prossimo luglio, David Gilmour tornerà a suonare a Pompei. Ovviamente questa è una bella notizia per gli appassionati. Ma anche per chi ama Pompei. Perché, anche se non ne parlo più tutti i giorni per non annoiarvi, prosegue uno straordinario lavoro di recupero di tanti beni culturali, a cominciare proprio da Pompei: altre cinque nuove domus aperte nelle ultime settimane e una meravigliosa mostra con il Museo Egizio di Torino (altra meta culturale da visitare. E chi avrebbe mai detto vent’anni fa che Torino sarebbe divenuta una delle capitali culturali!). Ormai Pompei è come l’Expo, come la variante di Valico, come il superamento del Senato o come la nuova legge elettorale: la parola fine a chiacchiere improduttive e sterili fatte per decenni in passato. Un simbolo dell’azione di sblocco che l’Italia aspettava. E che l’Italia merita. E se a Pasqua vi capita di viaggiare, vi prego: buttate un occhio sulle tante mete culturali della nostra Italia. Siamo davvero il Paese più bello del mondo, anche se talvolta ce ne dimentichiamo. Dobbiamo lavorare ogni giorno per essere all’altezza di questo straordinario dono. Non solo a Pompei.