Di Matteo Renzi
1. Tempo di primarie.
Tempo di primarie. Negli Stati Uniti, innanzitutto: domani il super-martedì con l’attribuzione di un cospicuo numero di delegati in entrambi i partiti. Se Hillary Clinton sembra saldamente in testa, è ancora tesa la situazione in casa repubblicana, ma potrebbe accadere anche ciò che sembrava inimmaginabile: Trump candidato. Vedremo. Per chi ama le elezioni americane quello di domani è uno snodo intrigante, forse già decisivo.
Primarie più piccole, ma primarie combattute, anche in molte città italiane: domenica 6 marzo, infatti, si vota in diversi comuni, a cominciare da Roma, la capitale. I romani infatti decideranno il candidato del PD al Campidoglio nei gazebo, dalle 8 alle 22 (video). Ma si vota da Napoli a Trieste in tanti altri comuni di grande importanza. Il mio invito è quello di andare a votare: non lasciate il futuro agli altri. È bello scegliere, è bello partecipare, è bello decidere.
In bocca al lupo a tutti i candidati: che vincano i migliori, che vinca la Politica.
E sempre a proposito di elezioni, un’ulteriore conferma della bontà della riforma elettorale italiana viene… dall’Irlanda. Dopo ciò che è accaduto in Portogallo e poi soprattutto in Spagna, adesso la sorpresa viene da Dublino dove sarà più difficile formare un governo stabile. Alla fine ci chiederanno di copiare l’Italicum, scommettete?
2. Unioni civili.
Come promesso abbiamo dato una forte accelerazione e la legge è finalmente passata in prima lettura al Senato, anche a costo di un voto di fiducia e di polemiche durissime. Siamo abituati alle critiche, ma confesso di essere rimasto molto colpito quando ho visto in un Tg una ragazza omosessuale dire: Oggi è una brutta giornata, perché dopo questa legge sarà peggio di prima. Mi domando fino a che punto possa arrivare il rifiuto della realtà. La legge sulle unioni civili potrà non essere perfetta, ma nessuna legge lo è. Potrà avere dei limiti, è ovvio. Ma segna oggettivamente un grande passo in avanti per i diritti dei cittadini omosessuali e quindi per i diritti degli italiani. Chi dice meglio niente che questa legge vive blindato nella propria ideologia; se invece lo fa – come penso – per ragioni di calcolo politico, auguri.
Dall’altro lato ho letto le dichiarazioni del prof. Gandolfini, tra gli animatori del Family Day, che in una conferenza stampa improvvisata, accompagnato davanti alle telecamere da autorevoli senatori, ha detto che il popolo che lui rappresenta farà di tutto perché al referendum sulla Costituzione – che si occupa di regioni, di Senato, di enti inutili – passi il NO. E tutto questo per mandarmi a casa, avendo io annunciato che se perderò il referendum a differenza di altri politici sarò serio e coerente e non mi aggrapperò a una poltrona di consolazione. Purtroppo è una caratteristica ormai consueta di molti della c.d. società civile (e anche qualche sindacalista): una manifestazione, tre telecamere, due talk e zac, la politica politicante li ingloba subito nel sistema.
Che c’entra la difesa della famiglia con la riforma del Senato? Che c’entrano le coppie omosessuali con la cancellazione del CNEL? Che c’entrano i movimenti religiosi con le competenze regionali su energia e turismo? Nulla. Ma dobbiamo farla pagare a Renzi.
E io con un sorriso accetto la sfida e se mi inviteranno andrò nelle parrocchie, come nelle realtà del volontariato, a dire il perché – a mio giudizio – è giusto che la riforma passi, che la politica dimagrisca, che le Regioni facciano meno ma meglio.
Agli uni e agli altri, opposti estremismi, voglio dire che è finito il tempo in cui in Italia qualcuno aveva un diritto di veto, di blocco. Siamo andati avanti sulle riforme, sulla legge elettorale, sul JobsAct, sulla pubblica amministrazione, sulla responsabilità civile dei magistrati, sugli insegnanti anche quando i più ci dicevano di fermarci. A colpi di fiducia? Sì. Anche a colpi di fiducia quando era necessario. Non ci siamo fermati nemmeno alla sacrosanta esigenza di riconoscere diritti alle coppie omosessuali perché sarebbe stato incivile il contrario. Se qualcuno vorrà mandarci a casa per questo, andremo a casa. Ma fino a quel momento, ostinati e sorridenti, continueremo a fare le cose che per noi servono all’Italia.
3. Il ruolo dell’Europa.
Molto complicato il quadro internazionale. Se arrivano timidi segnali di speranza dalla tregua in Siria e dalle elezioni in Iran, preoccupa ancora lo stallo in Libia e la tensione economica globale. Nel frattempo la questione migratoria continua a farsi sentire forte soprattutto nei paesi balcanici, come possiamo vedere anche dalle immagini di queste ore in Macedonia. In questa cornice l’incontro con il presidente della Commissione europea Juncker è stato una buona occasione per confrontarsi sul futuro dell’Europa senza giri di parole. Credo che sia ormai chiaro ai più che la posizione italiana non è tattica, ma strategica. Fuor di politichese: a noi interessa cambiare l’Europa perché pensiamo che il mondo abbia bisogno di un’Europa forte. Non facciamo piccole battaglie di retroguardie in nome della demagogia: diciamo con forza e chiarezza quello che non va, provando a indicare strumenti concreti per cambiare. Ho accolto Juncker con la venticinquesima slide – nuova rispetto a quelle che già avete visto – dedicata alle procedure di infrazione scese a un livello mai toccato prima (con Monti 104, con Letta 119, con noi siamo a 83): tutto ciò per dimostrare come l’Italia creda nelle regole e le rispetti. Ma il problema dell’Europa oggi è che abbiamo molte regole (che non tutti rispettano) e pochi ideali (che forse non tutti condividono). Questo è il problema. Noi non battiamo i pugni sul tavolo per non rispettare le regole. Noi facciamo proposte concrete perché l’Europa sia più forte e l’Italia più consapevole.
Il mondo ha bisogno di un’Europa che si occupi di cose serie, che rilanci la crescita, che torni protagonista. L’Italia farà la sua parte, senza paura.
Pensierino della sera. Sempre emozionante la notte degli Oscar nell’edizione che passerà alla cronaca come la notte di Di Caprio (che ha tra l’altro detto una cosa molto bella sul non dare per scontato il pianeta, forte delle sue battaglie sul climate change). Ma io condivido con voi l’emozione per la statuetta al Maestro Morricone. Non sono un grande esperto di cinema e di musica al punto da poter fare valutazioni tecniche anche se – come molti – persino un profano ha il diritto di stupirsi a pensare che a Morricone non avevano ancora dato il Premio nemmeno nel 1986 per Mission che, secondo me, resta tra le colonne sonore immortali. No, non entro nel merito. Dico solo che vedere premiato questo giovanotto di 87 anni, straordinario nella sua forza e nella sua grazia anche mentre omaggiava i colleghi sconfitti è stato emozionante. L’ultima volta che ho visto Morricone, insieme a Tarantino, qualche settimana fa sono stato letteralmente travolto dal suo entusiasmo e dai suoi progetti per il futuro.
Complimenti, Maestro! L’Italia è orgogliosa di lei.
Un sorriso,
Matteo
Post-Scriptum. Nota tecnica, noiosa. Saltatela insomma se state già sbadigliando. Uno dei miei impegni fondamentali è sempre stato lavorare a un nuovo patto con i comuni. Con i sindaci. Perché se è vero che abbiamo impedito loro – per legge – di alzare le tasse (buttare giù le tasse è stata la cosa più di sinistra che abbiamo fatto, con buona pace dei critici, dagli 80 euro in poi), è anche vero che abbiamo cercato da subito di sbloccare gli investimenti nei comuni. Avendo fatto il sindaco mi ricordo quando mi arrabbiavo per colpa del patto di stupidità, per gli amici patto di stabilità, che magari mi impediva di fare i lavori nelle scuole o ai marciapiedi. Bene. I primi segnali iniziano a vedersi. Alcuni numeri.
• Nel 2015 grazie alla prima modifica del patto di stabilità, gli investimenti dei Comuni sono passati da 10,9 miliardi a 12,6 miliardi. Più 15%, insomma. Diminuisce la spesa corrente, aumenta la spesa per investimenti: questo è ciò che serve, davvero.
• Nel 2016 con la nuova organizzazione del patto di stabilità, ci aspettiamo una crescita di almeno un altro miliardo, come minimo (io spero di più, a dire il vero). A proposito, fatemelo chiedere ai sindaci o assessori che leggono: sono partiti i lavori nei vostri territori? Noi ci aspettiamo il picco tra il secondo e il terzo trimestre del 2016. A che punto siete a casa vostra? Avete finalmente sbloccato i cantieri fermi? Vi leggo matteo@governo.it
• A questo vanno aggiunti i cantieri sulle scuole. Ricordate che abbiamo messo mezzo miliardo in più nella legge di stabilità 2016? Bene, il bando scade domani alle 23 (affrettatevi!) ma già adesso abbiamo ricevuto richieste per circa 660 milioni di lavori da fare.
Sbloccare l’Italia dalla burocrazia, dalle risorse ferme negli angoli del bilancio, della paura degli amministratori e dei dirigenti, dalle incertezze del governo centrale: questo l’obiettivo che ci eravamo dati due anni fa e che continuiamo ad avere in testa. Perché la stabilità delle aule dei nostri figli vale più di tutto. Di nuovo un appello agli enti locali: seguite i bandi, i progetti, le opportunità sull’edilizia scolastica.
Perché far ripartire l’Italia dalla scuola non è uno slogan, ma una possibilità concreta.