Di Vittorio Venditti
(Audio), Preso Dai Dischi Di Vittorio Venditti
(Foto), Di Salvatore Di Maria
(Video), Preso Da Internet
E Non Le Ho Fatte Nemmeno Io!
Da Caffter: Non Ci Va Neanche Un Cane? Così farneticai un lontano ventotto gennaio di quattro anni fa per rilevare sarcasticamente qualche caratteristica del soggetto di cui sparlerò oggi, stante quanto accaduto venerdì sera come epilogo e strascico del capodanno appena vissuto, manifestazione già trattata su quest’inutile sito, la cui ultima sfaccettatura ci mostra la stupidità alla quale certi “filosofi” riescono ad arrivare.
I Fatti:
Ricorderai che la nostra salita sul palco del primo gennaio, fra l’altro, ha prodotte un paio di maidunate che il buon Marco Frosali, (parasacc), in piena libertà d’azione, ha voluto fare ai “servizi igienici” del Roxy Bar di Salvatore Leonardi, (cafter), bagno che fino alla recente ristrutturazione, noi clienti chiamavamo Auschwitz, stante la spesso impossibilità di accedere all’ambiente per la puzza insopportabile, derivante dalla struttura vetusta e mal curata dal proprietario e da chi lavora nel locale in questione. Come detto, da qualche mese sono stati fatti lavori d’ammodernamento e la situazione è diventata sufficientemente accettabile e quasi nella normalità, atteso che si potrebbe fare di più e meglio.
Di come si partoriscono le maidunate ho parlato qui e con umorismo viennese aggiungo che ritornare sul discorso significherebbe dare troppa importanza a chi d’importanza non ne ha, per cui, prima di sintetizzare i fatti ed arrivare alla conclusione, mi corre l’obbligo di far conoscere a chi lo ignora, il carattere di chi si è offeso per le maidunate. Salvatore Leonardi, (cafter), è sinteticamente ben descritto dalla canzone Pigro di Ivan graziani, brano che per ironia della sorte fu suonato ai tempi del successo tante volte proprio in quel bar. Il Nostro barista dunque, non ha accettata la burla e dal due di gennaio ha iniziato uno stillicidio teso ad allontanare chi, in qualche modo, aveva partecipato a tal scempio. Per prima cosa, è stato impedito, (mi rifiuto di conoscere i dettagli), al povero Emilio Lanese, Giornalista e curioso, ma soprattutto genero del nostro filosofo, di darmi retta in qualsiasi modo; io perdono Emilio perché capisco che lui deve agire per manifesta dipendenza dal suocero, atteso che viva con tutte le scarpe nella casa del titolare del bar in oggetto. A seguire, Salvatore ha iniziata una sottile forma di disturbo, (alzare improvvisamente il volume di quella che lui si ostina a chiamare radio, trattarci con sufficienza ecc.), che a suo dire e pensare, avrebbe dovuto sfiancarci, non volendo considerare che il suo, come gli altri bar, è solo un punto di ritrovo e sicuramente nulla più, posto ove si arriva, si consuma, si discute con gli amici, (magari baristi compresi), e poi si va via senza lasciare traccia. Tante volte e non per scherzo, io ho paragonati i bar alle chiese ed oggi ribadisco il mio pensiero.
Tornando a bomba. Visto che le intenzioni di ripicca non erano andate fino a quel momento a buon fine, ecco l’astuzia finale: Cacciarci con una valida motivazione. Come accade da tanto tempo, il bar è luogo dove si discute, a volte animatamente; è capitato così anche venerdì sera e non riporto il motivo della discussione per non scantonare troppo. Verso mezzanotte meno un quarto, ecco che Salvatore dice: “Non me ne frega se si chiude alle due; mi fa male la testa e dovete uscire dal locale”, suscitando la perplessità di mio fratello, (al contrario di chi scrive, pacifista ed accomodante per natura), che chiede conferma di quanto sentito, paventando il futuro allontanamento da quell’esercizio. Alla risposta di Salvatore che ribadisce il concetto, noi tutti usciamo, con il preciso proposito di non mettere più piede in quel locale.
Va detto che venerdì mattina, nel cercare di avere la conferma dei miei sospetti sulle manovre del filosofo fesso, ho sentito con le mie orecchie dire a quest’ultimo: “ne ho persi tanti di clienti, non sarai ne il primo ne l’ultimo”, alla faccia della libertà d’impresa; dal canto mio, a sfregio, gli ho ricordato quant’è utile il bar, il suo in particolare, dove per altro, nel solo periodo che va da Natale a capodanno, per mio diletto e senza costrizione alcuna, ho lasciati circa duecento euro, somma per altro calcolata per difetto, forse per me per masochismo conclamato, definito quieto vivere, e per cafter grasso che cola. Evito poi di aggiungere altro, in particolar modo sul livello di sopportazione raggiunto durante l’estate, quando in quel locale, con quaranta e passa gradi all’ombra, viene servito tutto ciò che è bevibile, a temperatura ambiente, birra in primis; sarebbe l’inutile continuare a sparare sulla croce rossa. Negli anni, ho accettato anche questo, dovendo rintuzzare l’insofferenza più o meno esplicita di Totore, al quale per altro la birra calda fa venire attacchi di dissenteria; ma quanto accaduto venerdì sera è stato il non plus ultra per l’umana pazienza, imposto per altro da chi avrebbe preferito spingerci ad andar via per poi poter dire che lui non ha fatto niente per arrivare a tal finale.
Conclusione: Noi siamo stati cacciati dal bar di cafter, avendo la colpa di esser complici di Marco che a questo punto posso affermare che ha detta la verità dei fatti, sia pur in ritardo; Io, come ti dovrebbe esser chiaro, non solo non rinnego Marco, ma faccio mie le sue parole e spero che il mio amico, il prossimo anno, sia così coerente da raccontare in rima quant’è stupido uno che se ha la possibilità di lavorare e vivere, lo deve solo ai sacrifici dei suoi genitori ed antenati tout court, atteso che con la filosofia non si campi, soprattutto se nata in maniera così, (per essere benevoli), antagonista ad ogni forma di civile discussione.
Questa è l’ennesima cacciata, per altro senza danni per me, visto che di bar ce ne sono altri in paese e che eventualmente esiste sempre la possibilità di mangiare e bere con gli amici al di fuori di questi luoghi, magari con notevole risparmio di danaro, cosa da non disprezzare. Sicuramente non aprirò una nuova rubrica del tipo di quella settimanale su Santa romana Chiesa, perché se è vero che a livello di stupidità siamo lì, va riconosciuto che un’azienda che ruba da duemila anni, nulla può avere di commensurabile se paragonata alla bottega di chi per il suo comportamento risulta essere poco più che uno zimbello del villaggio, da trattare quando serve e senza dargli troppa importanza.
Da ultimo, va detto che il personaggio su cui ho sparato oggi, negli anni scorsi ha avuta l’infelice idea di denunciare chi gli aveva fatte le maidunate, raccogliendo come risultato quanto può raggranellare un deficiente di quella risma: Il Nulla e la derisione della gente. Io non sono Pasquale Reale, (caten), Marco men che meno; se però la stupidità si misura con un metro non convenzionale, devo aggiungere che eventuali querele proposte sulla costatazione di fatti, non costituiscono reato ma al contrario potrebbero venir utilizzate da chi, querelato, ne può a ragione trarre vantaggio economico non da poco.
Come andrà a finire?