Di Stefano Venditti
Una Nuova scoperta del presidente dell’associazione Arca Sannita, l’agronomo Michele Tanno. Il dottor Tanno ha recuperato una qualità di grano duro autoctona del Molise: il Senatore Cappelli.
«Le varietà di grani duri che hanno caratterizzato la cerealicoltura molisana nei secoli passati sono state principalmente la Saragolla, Russello, Marzuolo o Marzullo e Cappelli. Tra questi quello che ha avuto più successo è stato l’ultimo. Costituito nel 1915 dal genetista vegetale Nazareno Strampelli per selezione genealogica da una popolazione di frumenti nord-africana, il Senatore Cappelli divenne per oltre mezzo secolo il grano duro più coltivato e apprezzato nel Molise e nell’Italia meridionale. Il grano fu dal costitutore intitolato al marchese abruzzese Raffaele Cappelli, deputato al parlamento italiano dal 1878 al 1919, anno in cui fu eletto senatore e poi Ministro dell’Agricoltura.
Egli, che possedeva estesi fondi agricoli in Capitanata, promosse la riforma agricola in Puglia e mise a disposizione di Strampelli campi e risorse per le ricerche sull’ibridazione secondo le leggi genetiche formulate da Mendel. Il grano, dopo aver superato brillantemente le prove di pieno campo, fu messo in commercio agli inizi degli anni Venti. Nel territorio molisano il Cappelli fu introdotto dal Consorzio Agrario Cooperativo e, dapprima, diffuso nel basso Molise. La sua coltivazione su larga scala, però, promossa dalla politica autarchica fascista, nota come “Battaglia del Grano”, è avvenuta dagli anni Trenta, raggiungendo l’apice della produzione e il massimo del valore della bilancia economica nell’immediato dopoguerra, in virtù della diffusione della meccanizzazione agricola e delle migliorate tecniche agronomiche. Dagli anni Sessanta, con la costituzione di varietà più produttive – ma inferiori sul piano della qualità – il Cappelli è stato relegato in ambiti territoriali via via più ristretti delle zone interne fino a scomparire dai nostri campi nei primi anni Settanta. La varietà si caratterizzava per la sua ampia adattabilità, densità della spiga e produttività rispetto alle vecchie razze di grano locali, ma soprattutto per l’eccellente qualità della semola. Il Cappelli, con un’altezza di110-120 cm, all’epoca era considerato di media taglia. La pianta ha lo stelo robusto ed elastico, spiga quadrata e resistente, reste lunghe e nere. La granella, molto coriacea, ha struttura vitrea e aspetto giallo ambrato, specialmente se coltivata in zone ben esposte e nei terreni forti e sani, mentre in quelli leggeri e freddi è soggetta alla “bianconatura” con perdita notevole del valore culinario e commerciale. La semola, di colore giallo pallido, si presta ottimamente a qualsiasi tipo di pasta, artigianale e industriale, e fornisce un pane sapido, profumato e sostanzioso che mantiene a lungo queste pregevoli prerogative. Il Cappelli, grazie alle eccellenti caratteristiche organolettiche della sua semola, è stato il frumento duro per eccellenza che ha reso il nostro Paese famoso nel mondo per la bontà e ”tenuta” della pasta alimentare e gli italiani, soprattutto del Centro-Sud, rinomati buongustai oltre che inguaribili e pantagruelici “mangiatori di spaghetti”. La pasta molisana, vanto della nostra terra, ha potuto così varcare le frontiere nazionali per comparire con successo sulle mense di tutto il mondo. Il Cappelli è stato impiegato come materiale genetico di base per la costituzione della maggior parte dei grani duri italiani. Da questo grande “razzatore” si sono ottenuti dai primi anni Sessanta quasi tutti i grani duri moderni, di taglia sempre più bassa e, quindi, più resistenti all’allettamento i quali, dimostratisi molto più produttivi, hanno soppiantato completamente il capostipite. I nuovi grani, però, avendo meno capacità competitiva nei confronti delle erbe infestanti, hanno richiesto massicci impieghi di diserbanti e concimi chimici causando risvolti negativi sull’ambiente e sulla salute dei consumatori. Negli anni Novanta, quando il Cappelli era quasi sparito sulla faccia della terra molisana, ho avviato un’accurata e paziente ricognizione sul territorio per recuperarlo e salvarlo. Una mattina di giugno la mia fede è stata premiata: andando lungo la strada che porta a S. Giuliano di Puglia ho notato una striscia scura in mezzo a una vigna che mi ha dato subito l’idea di questo grano dalle lunghe reste nere. Da un agricoltore del posto avuto la conferma. Il titolare Nicola Spirito, mi ha raccontato che la sua famiglia ha coltivato e tramandato questo grano da tre generazione cioè da quando suo nonno era riuscito a procurarsi il seme in modo del tutto… accidentale. Accadde, infatti, che da un treno merci di passaggio alla stazione di S. Giuliano di Puglia diretto a Benevento, nei primi anni Trenta del secolo scorso, erano deragliati gli ultimi due vagoni pieni di sacchi di grano. Questi, precipitati lungo la ferrovia, erano stati tutti ritrovati e ricaricati, ma sul tragitto erano rimasti piccoli mucchi di semi non ricuperabili. Il nonno, che aveva assistito all’incidente per caso, subito dopo la partenza del convoglio, si recò sul posto e poté approvvigionarsi, riempiendosi le tasche e una mappina del grano caduto, e seminarlo e coltivarlo per primo nel paese e, forse, della zona. Nicola mi diede un mazzo di spighe con le quali, in tre anni, sono riuscito a riprodurne una quantità sufficiente a coltivare un grosso appezzamento il cui seme è stato in parte utilizzato, macinandolo a pietra, nel mio agriturismo e in parte destinato ad altri amatori e, in particolare al mugnaio di Matrice, Dionisio Cofelice. Nel 2009, con il mugnaio e altri due appassionati, abbiamo fondato l’associazione Arca Sannita allo scopo di recuperare e valorizzare semi, piante e razze di animali autoctoni in via d’estinzione. Oltre ai cereali antichi, legumi e ortaggi, l’associazione ha rinvenuto e salvato oltre 250 varietà di frutti antichi molisani e del Sannio presso un vivaio sito a Ferrazzano presso l’azienda Rocco Marta, per la quale attività l’Arca Sannita ha ricevuto nell’anno internazionale della Biodiversità (2010) il premio nazionale “Bandiera Verde” indetto dalla CIA. Il grano Cappelli, come gli altri, quest’anno è stato coltivato in due appezzamenti: uno in purezza e uno in consociazione con la Saragolla. Il campo in purezza è sito in agro di Cercemaggiore alla C.da Pesco Morello di proprietà di Giuseppe Nardoia (Pezza Giumenta) di ettari 1, mentre quello misto è posto a Ferrazzano alla C.da Piane dello stesso proprietario. La prova in consociazione si sta dimostrando molto importante sia a fini agronomici sia nutritivi. Dal punto di vista produttivo la coltivazione mista consente al grano Saragolla, più alto e soggetto a coricarsi, di “appoggiarsi” al più forte Cappelli e, quindi, resistere meglio all’allettamento, mentre da quello nutritivo, la mescolanza dei due grani consente una migliore integrazione delle specifiche proprietà dietetiche e salutari dei prodotti derivati. Questo modo di coltivazione era adottato nel Molise nel lontano passato (grani mischi) anche per maggiore costanza dei raccolti in caso di intemperie che, comunque, assicurava una discreta produzione».