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Venticinque Aprile: La Celebrazione Di Una Sconfitta

Di Mario Ricca

Settant’anni da quel viatico, becera continuità con un passato scomodo, che però ha costituito, (e costituisce ancora oggi), rendita per i regimi in carica e che analizzando i sette decenni con lucidità, ha portato, di fatto, il Paese dalla padella alla brace, generando illusioni, (un miracolo economico che con i miti dell’uguaglianza sociale, la distribuzione equa delle risorse, ha fatto vivere alla maggior parte degli italiettani un’esistenza superiore alle proprie reali possibilità), diventate giustamente delusioni quando i nodi sono venuti al pettine: antifascismo di facciata, etichetta priva di contenuti.

Si sono sostituiti ai fascisti settanta anni fa ed hanno mantenuto le leggi, gli ordinamenti, sostituendo la vernice nera con quella rossa.

Nella sostanza, cosa è cambiato?

L’apparente libertà di parola, contentino dato al popolame atrofizzato dalla democrazia mascherata, in cambio di un potere che i comunisti hanno “conquistato” dalla farsa che ha generato la Repubblica e alla creazione di quella che è definita la Costituzione più bella del mondo, fondata sull’assistenzialismo e lo statalismo, volti a tenere buono il popolo bue, a uso e consumo della classe politica truffaldina.
Il destino italiettano è stato scritto da Stalin e il suo “facente funzioni” Togliatti, Un Parlamento utile solo al mantenimento dei carrozzonati, governi brevi, (perché altrimenti se si prova a governare a lungo e magari si commette anche lo sgarro di essere efficienti si viene etichettati come fascisti), è il Gattopardesco modello da seguire per tirare avanti la baracca.

Ovviamente poi ci tocca sorbirci le puttanate istituzionali da circostanza e da protocollo come quella del Capo dello Stato, patetiche manifestazioni di mistificazione della realtà, visto che non si celebra una vittoria avendo l’Italia perso la guerra, sconfitta che è visibile nel modo prostrante e frustrante che chi ci governa è costretto a mostrare anche quando avrebbe ragione di alzare la testa e chiedere maggior rispetto, non fosse altro che per onorare chi, per propria volontà, è andato là dove si parla di pace e c’è guerra per colpa dei nostri “liberatori”:!