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Giornalismo: Che Passione!

Di Vittorio Venditti

Amara Riflessione In Un Giorno Di “Festa”

Sì, anche oggi ti tedio, visto che non è detto che tu abbia possibilità o solo voglia di fare la proverbiale scampagnata di pasquetta, un rito che in tanti osservano e magari non glie ne può fregare di meno della cosa. Oggi, per andare contro corrente, voglio riflettere su quanto via via imparo a proposito della professione di Giornalista, mestiere che non è il mio e che giorno per giorno ringrazio Dio che non lo sia, assunto che quanto sto imparando sia alla base proprio di quel modo di guadagnarsi da vivere.

Da prima Stefano Venditti, da qualche tempo Emilio Lanese, mi stanno insegnando tante di quelle cose che tolgono dai miei occhi un velo che fino ad ora mi mostrava solo la parte migliore di un mestiere che ho reputato davvero utile per la vita di ognuno di noi, da sempre e più in particolare nei nostri tempi. Se in effetti possiamo parlare di giornalismo anche per la redazione dei Vangeli, (ufficiali o apocrifi, la questione non cambia), oggi questo mestiere va visto come veicolo d’informazione, ma soprattutto di cultura, almeno secondo quanto pensa una mente malata come la mia. C’è invece chi, fra quei professionisti, utilizza la penna per procacciare e procacciarsi affari, cosa legittima ma che a mio parere snatura la professione della quale tratto, alla radice. Mi sono trovato infatti a sentir dire che “non è possibile pubblicare articoli che mostrano eccellenze della nostra regione e non solo, perché la cosa è da considerarsi pubblicità” e quindi, pubblicare cose del genere vuol dire innanzitutto che ci deve essere un tornaconto in termini di danaro sonante. Se la cosa, come detto, è legittima perché ognuno ha diritto al proprio guadagno, la cosa medesima ci dovrebbe far pensare e molto, atteso che le notizie debbano circolare liberamente e non debbano assoggettarsi a questo o quell’altro padrone, con sopra di questi esclusivamente il danaro. Non è possibile concepire che non si parli ad esempio di sociale, se non dopo aver offerto a chi scrive un lauto compenso. Da questo punto di vista dunque, noi cani sciolti siamo davvero liberi di dire la nostra e non dobbiamo render conto a nessuno di ciò che scriviamo. Questo fatto mi allontana non poco da un mestiere che continuo a rispettare se onorato da persone che hanno il gusto della propria libertà, costi quel che costi.

Dunque: sarà pur vero che io faccio tutt’altro lavoro e possa parlare proprio per questa ragione, ma dopo quanto sto sentendo dai miei amici, loro sì, Giornalisti, mi onoro di non far parte di quella categoria per non sporcarmi mani e coscienza e poter dire ai quattro venti che vale davvero la pena a volte esser soli se in cambio quella solitudine ci permette di essere liberi nel vero senso della Parola.

Magari per espettorare Parole, da qualche personaggio definite “chiacchiere da bar”.