BUON ANNO!!!!!!!
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CAPODANNO A GAMBATESA: In Morte Delle Maidunate

Di Vittorio Venditti

Ovvero: Come Uccidere In Festa Una Tradizione

L’ho accennato lunedì scorso, oggi, dopo essermi messo volontariamente fuori da ogni squadra, vengo a fare la mia maidunata pesante ma libera e rigorosamente solitaria su quanto si sta facendo in questi ultimi anni, a dire di chi si mette in mostra, “Per rinvigorire la Tradizione delle maidunate”, a dire di chi le fa, per ucciderne il significato alla base del concetto che fino ad ora ne ha permessa l’esistenza.

La Messa E’ Lunga E Ti Prego D’Aver Pazienza.

Dunque, a metà mese scorso, un bell’articolo che ti ripropongo qui, scritto per questo fastidio dal mio amico e collaboratore Stefano Venditti, ci ha mostrata dall’ottica di un non gambatesano, se pur ben voluto in paese, una visione idilliaca di una festa che invece a mio parere ha perso la sua base, erosa irreparabilmente o quasi da interessi che cercano di spegnere il fuoco di qualcosa da omologare e rendere inoffensiva per chi combatte giornalmente per potersi fare i fatti propri senza nemmeno venir disturbato da uno sfottò che non va al di là di ciò. Io invece oggi voglio dire la mia, che sicuramente resterà inascoltata, ma che spero serva in seguito a far rinsavire chi, magari involontariamente si è prestato al gioco. Come accennato, ho voluto agire stando fuori da ogni squadra e tenendo lontani da questa farneticazione anche i collaboratori più sprezzanti del pericolo perché a Gambatesa in molti hanno tante ottime qualità, ma in genere la maggioranza dei miei concittadini, vuoi per proteggere i propri interessi, vuoi per farsi bella nei confronti di chi la tiene in pugno, sarebbe capace di far del male a chi, inopinatamente sconsiderato, mi avesse accettato con sé durante la Santa Notte o solo avesse dato un sia pur minimo contributo a quanto stai leggendo. E’ stata questa dunque la ragione per la quale ho dovuto distanziare da me Giampiero Rivellini, (u pink), e la sua squadra, persone che già l’anno scorso, (nonostante la presenza di una stupida che non aveva e non ha capito niente della vita), mi avevano attirato a sé e quest’anno mi avevano invitato a stare e suonare e cantare con loro. Chi conosce Giampiero, sa che quel ragazzo è a Gambatesa il Re della trasgressione, in tutti i sensi ed in tutti i modi. Basti pensare che, reduce da un’operazione al cuore, in nome del suo inguaribile ottimismo, rientrato a casa ha data una festa e la denominata “cardio party”. Se non conoscevi Giampiero, ora dovresti avere ben chiaro chi è. Di lui posso solo dire di bene perché non mi ha fatto mai del male anzi, in questo caso, proprio per il suo esser trasgressivo, ha rischiato di farsi male lui per colpa mia. Non bastano le belle parole che la sera di Santo Stefano mi sono state regalate da Antonio Passarelli, parole che, come già sintetizzato lunedì scorso, chiariscono una volta e per tutte il pensiero di buona parte dei gambatesani. Non bastano perché ancora è prematuro il momento nel quale queste parole possano venir applicate nei fatti, senza conseguenze per chi le applica. Per questa e per altre ragioni che non riporto in questo scritto, ringrazio Giampiero, il Re della trasgressione, per essere stato coerente con sé stesso e per avermi regalata quell’amicizia che in questo caso è un vero tesoro da conservare e rispettare. Per cronaca spicciola, ho incontrata la squadra di Giampiero durante la Santa Notte e mi sono accorto che con il Nostro stava suonando un’altra brava personcina con la quale ho condiviso il capodanno duemilatredici, (qui e qui per ricordare), personcina che, evidentemente ricattata, non mi parla più dopo aver addotta la scusante secondo la quale la sua ragione sta nel fatto che io, a suo dire unico a Gambatesa, l’ho chiamato per soprannome. Giuseppe Massimo, (Marron ovvero surchiett), è conosciuto con questo secondo soprannome soprattutto, ed è stato inserito in varie maidunate ed anche in una poesia di Donato D’Antonio, (a ciavl), una bella poesia composta utilizzando quasi esclusivamente i soprannomi dei gambatesani, poesia che non nomino perché il documento che la riporta non è in mio possesso, ma è stato sicuramente inserito nel libro che lo scorso trenta dicembre l’associazione culturale che organizza la festa in tema ha presentato al Castello di Gambatesa.

Se Giampiero avesse avuta la sfortuna di suonare con me anche quest’anno, come si sarebbero messe le cose? Chi, per dirla alla romana, avrebbe rosicato?

Ma veniamo al Casus Belli.

Senza insistere troppo sul significato e sull’origine delle maidunate, ((tante volte trattati su quest’inutile sito e non solo, da me e da tanti altri), ricordo che questo genere di manifestazione deriva dall’antico mondo pagano ed è in sostanza la possibilità data dai potenti al popolino di dire per un giorno la Sua, in tutte le salse, cosa magari utile ai governanti più illuminati, per gestire meglio la massa di nuovo soggiogata il giorno dopo i bagordi. Nei decenni scorsi, da quando si è deciso di aggiungere alla vera Tradizione, (l’andare casa per casa, squadra per squadra, a fare le maidunate direttamente con tutti gli annessi e connessi), l’appendice che vede il primo gennaio l’esibizione delle squadre medesime su un palco, quindi con maidunate prima pubbliche in paese, poi rivolte al mondo, ci sono stati momenti di gloria, con la presenza di cantori blasonati, uno fra tutti il compianto Eligio Mignogna, (lggtell), affiancati da persone perfettamente in grado di eseguire maidunate e canzoni dialettali, che però, vuoi per ragioni di censo, vuoi per motivi politici, venivano considerate di serie “B”. E’ il caso ad esempio di Geppino Genovese, (d’u monaco), che con la sua squadra arrivava sempre ultimo e non prendeva premi. Nel millenovecentosettantasèi però, fu messo in palio un ultimo premio, da dare alla squadra che si fosse esibita peggio di tutte: Una pecora vecchia. Per coerenza, (cosa che non alberga a Gambatesa che ne era priva già allora), il premio in questione sarebbe dovuto andare a Geppino e compagni che però, guarda tu alle volte il caso, quell’anno arrivarono penultimi. La cosa non poteva non tornare a galla l’anno successivo, per cui la squadra perennemente maltrattata, si prese gioco di chi aveva vinta la pecora con questo ritornello su base musicale due quarti: Il cantore iniziava, “Chi z’a fregata a pecura mufalann?”, che tradotto vuol dire: “Chi si è fregata la pecora l’anno scorso?”, al che, la squadra in coro e con entusiasmo rispondeva, “U cumpare Giuvann!”, cosa che non dovrebbe aver bisogno di traduzione. Ripetuta di nuovo questa strofa, si passava al ritornello cantato da tutta la squadra, cantore compreso: “Me pareva nu quequere, me pareva nu quequere, me pareva nu quequere, z’a fregata a pecura”, ritornello ripetuto due volte che fa rima in dialetto gambatesano e che si traduce: “Mi sembrava uno sprovveduto, mi sembrava uno sprovveduto, mi sembrava uno sprovveduto, si è però fregata la pecora”. Questa canzone ovviamente all’epoca suscitò la reazione smodata di chi nel settantasèi aveva vinta e mangiata la pecora ormai famosa, tanto che il povero Geppino stava per venir a sua volta mangiato crudo e senz’altro condimento da Giovanni Iadarola, (penna bianca), chiaramente il destinatario dello sfottò. La cosa ovviamente finì a risate e restò nei ricordi di un allora bambino di dieci anni e mezzo che quel primo gennaio del millenovecentosettantasette registrò per il primo anno le maidunate con un registratore Philips K7, iniziando così a rompere gli zebedèi a chi, quelle registrazioni, più che per ricordo collettivo di una bella festa, le realizzava a scopo dichiarato di lucro, visto che le due cassette da novanta minuti cadauna che archiviavano l’intera manifestazione di un capodanno, (escluse le pause), costavano allora già cinquemila lire a copia, cosa che per il tempo non era da poco. Da dire che l’aneddoto della pecora l’ho ricordato nei giorni scorsi insieme a Ferdinando Leonardi, (Nando u cafter), che con Geppino, la buon’anima di Elio Di Renzo, (cucù) ed altri, faceva parte proprio della squadra anno per anno maltrattata, a dire di Nando, “per ragioni politiche”.

In quel periodo poi, le maidunate diventavano anche armi contro i potenti e se si diceva al Sindaco ed al Maresciallo comandante la locale stazione dei carabinieri che in sostanza erano dei ladri, al parroco, soprattutto perché s’incazzava, veniva riservato il fatto di avere l’amante. Vi furono anche delle battaglie giudiziarie che però rimasero carta straccia, o per intervenuti accordi fra le parti o perché il giudice aveva ravvisato il non luogo a procedere per manifestazione di tradizione. A tal proposito, la reazione che ritengo più eclatante fu quella che il primo gennaio millenovecentosettantasette, dal palco di piazza Vittorio Emanuele, contrappose il compianto Salvatore Di Jelsi, (buzzacc), all’allora impresario edile Pasquale Abiuso, (a pala); in una maidunata del quale ricordo solo il finale, tesa a mettere in cattiva luce il lavoro di Pasquale per l’appunto, dopo l’incipit, Salvatore disse: “Fra mecalone e sante necole, cumme ce chiove, cumme ce chiove”, vale a dire, Fra Gambatesa centro e San Nicola, in tutte le case ristrutturate da Pasquale piove come fuori. A proposito del prete poi, ricordo e riprendo dal mio archivio personale quanto combinò Tonino Tomasone, (u scamuzzar), nel millenovecentosettant’otto, per capirci l’anno nel quale Eligio mignogna, nel fare una stornellata pubblicitaria al caffè Camilloni, con ovvia bevuta di caffè, (il cui incipit era: “wagliò, wagliò, fammille nu piacere, vall’u bar e Dunatucce u cafter, oppur’u bar e Maria Iannone, me facessene n’espress Camellone”, ne fece seguire un’altra che riguardava il vino San Barbato, per cui nel cantare, per aver tracannata una bottiglia di quell’ottimo vino, il Nostro scese dal palco completamente ubriaco. Per tornare alla Maidunata a Don Peppino, non riporto qui quanto disse il buon Tonino, perché quella volta superò davvero i limiti della decenza e della buona educazione, ripeto però la successiva maidunata proposta sempre allo stesso soggetto e con lo stesso tema, dall’allora presentatore della manifestazione, Gennaro Abiuso, (tarramot): “E don peppino don Peppino, i femmn’i port ‘nda sariastina, e dop’i port abbash p’i costr, o cumm c’u ‘mbar u patr nostr”, maidunata sicuramente bella, sicuramente da ricordare. A queste maidunate però, il nostro parroco rispondeva con inaudita violenza, lasciando negli astanti il dubbio che ciò che si diceva in quelle strofe avesse fondamenti di verità. Negli anni successivi poi, anch’io, allora facente parte della Schola Cantorum locale, unitamente agli altri componenti dello stesso gruppo e dell’azione cattolica in genere, all’arrivo del nuovo anno dovevo subire la paternale di chi diceva: “a Gambatesa… tutti poeti!”, con un disprezzo che ovviamente non mi toccava più di tanto, ma che a qualcuno un po’ meno forte d’animo faceva venire il dubbio se fosse o meno il caso di fare la squadra. Ovviamente io me ne fregavo già da allora, anche perché sostengo ed ho sempre sostenuto che una notizia infondata non ha bisogno di venir smentita, (Giulio Andreotti docet).

Quanto espettorato fino ad ora, mi serve per dire innanzitutto che vorrei sapere a cosa serve la benedizione delle squadre, data da chi, se fosse ancora importante come ai tempi dei quali ho parlato, sarebbe oggetto di maidunate d’ogni genere. A ciò, voglio aggiungere che mi piacerebbe capire il perché i genitori degli attuali bambini non insegnino a questi che una maidunata ben fatta non può non venir accettata dal destinatario. Per questo, devo pubblicamente redarguire Donato Iadarola, (carlett), che ha permesso che il figlio avesse dubbi sul fatto che io mi arrabbiassi nel ricevere quanto gli aveva scritto da cantare Marco frosali, (parasacc), a proposito di quanto accaduto nella questione “spazzini”. Donato dovrebbe sapere che le maidunate si fanno alle persone che al momento vengono considerate importanti ed in vista, per cui se questi “bersagli” se la prendono a male, vuol dire che non sono poi così importanti, se queste maidunate vengono invece accettate, significa che al di là del contenuto, più o meno da smentire, chi le riceve non può che sentirsi onorato nel far da bersaglio. Per questo, ricordo a me stesso che una decina d’anni fa, non avendo portata la maidunata all’allora Sindaco Emilio Venditti, Questo se la prese a male e per un certo periodo non mi rivolse quasi la parola, stiamo parlando della stessa persona che interpellata da me sempre martedì scorso, sempre a proposito di questa farneticazione, mi ha confidato che non apre più le porte di casa sua alle squadre per tutta una serie di ragioni che mi ha pregato di non divulgare, fra le quali quella di ordine pubblico, ragione che in una festa bella come quella del capodanno a Gambatesa non dovrebbe neppure essere nei pensieri di chi che sia. Il Nostro mi ha anche autorizzato a scrivere che in un’intervista fatta a lui ultimamente, lui ha dichiarato di essere cittadino di Tufara.

Sarà per protesta o c’è dell’altro?
Di sicuro abbiamo collezionato l’ennesimo “figurone”!

Passando all’altra ragione del mio risentimento per il modo nel quale si sta uccidendo la nostra Santa Notte, tradizione a me insegnata nel suo profondo, anzi, inculcata dal compianto don Antonio Macchiarola, (Totonn), che se sei di Gambatesa, senz’altro ricorderai come ottimo cultore del nostro capodanno oltreché come ottimo cantore e compositore, quand’ero bambino e per questo valido motivo ancor meglio inserita nel mio cuore, va detto che non ho mai tollerate ingerenze di forestieri nella nostra tradizione per antonomasia e verso la fine di questa farneticazione, per questo, mi prenderò gioco di un mio nemico.

Tornando agli anni nei quali si è deciso di aggiungere l’appendice “palco del primo gennaio”, portando questa fase della festa ad essere più importante della notte appena trascorsa, tolta la rabbia che mi viene anno per anno nel constatare che le squadre, più che per far maidunate, si preparano per ambire al premio, possibilmente il più alto, tolta questa vergogna dicevo, non resta altro da dire se non che con il portar fuori le nostre maidunate in qualsiasi luogo e momento, oltre ad eliminare ormai quasi del tutto l’interesse per la Santa Notte, (se mangi lasagne ogni giorno, non le apprezzi più il giorno di festa), siamo arrivati a ridurre sensibilmente l’indotto che deriva da tal festa per il commercio locale. Negli anni sessanta, settanta ed in parte ottanta infatti, interi paesi si riversavano a Gambatesa per seguire le performance di squadre antiche, moderne, di bambini o di adulti, quasi sempre composte da soli maschi ma in qualche caso costituite interamente da donne e ragazze. Fra queste donne, mi piace ricordare Maddalena D’Antonio, (Aitell), ed Antonietta Genovese, (victill), fini cantrici di ottime e sicuramente pulite maidunate. Da quando il compianto compare Luigi Abiuso, (colarell), volendo fare una buona azione portò le prime maidunate a Celenza Valfortore, ottenendo l’effetto contrario, fece sì che i celenzani si riproposero questo spettacolo la notte di Natale, boicottando così di fatto quanto accadeva da noi il capodanno successivo. L’arrivo poi di televisioni come Tele Norba, che costringeva le squadre a lunghi periodi di ferma per colpa della diretta, e la successiva trasmissione via web dell’evento che da trecentoquindici anni ci contraddistingue hanno fatto il resto. Che dire poi della gestione dei comunicati stampa inerenti la manifestazione? A gambatesa esistono vari siti internet oltre a quello che ti sta disturbando. Quest’anno è capitato che un comunicato già pubblicato lo scorso ventiquattro dicembre su gambatesablog.info, (qui se vuoi controllare), mi è stato girato lo scorso ventinove, vale a dire cinque giorni dopo la prima pubblicazione: (Qui se lo vuoi rileggere).

Tre domande:

1°: Ma se siamo dello stesso paese, a che pro inviare un comunicato prima ad un sito e poi all’altro?
2°: Se non volevate che pubblicassi il vostro scritto, perché me lo avete mandato? Sarei sopravvissuto ugualmente!
3°: Chi ha fatta la brutta figura?

La cosa però si è risolta quasi sul nascere perché martedì scorso, dopo una fitta serie di sms, il presidente dell’associazione che gestisce questa festa, Giovanni Carozza, a mezzogiorno e mezza mi ha telefonato, scusandosi per quanto accaduto e risolvendo da signore un problema che certo non ci ha messi bene in vista.

Tutto è bene se finisce bene, ma stiamo più attenti in futuro.

Oggi ci troviamo a venir visitati dai camperisti, (qui come furono trattati due anni fa), che ormai, più che turisti, sono diventati nostri amici e quasi più gambatesani di noi, ma null’altro bolle in pentola per rivedere fiumi di gente appresso alle squadre e per pausa nei locali del paese come accadeva trenta o quarant’anni fa, bar che per evitare di avere come clienti solo squadroni spesso disorganizzati e volutamente non del tutto educati, preferiscono chiudere i battenti ed evitare di avere un guadagno con il meno anteposto alla cifra. Io il periodo l’ho vissuto tutto e ti garantisco che a quei tempi le maidunate, complete ed azzeccate o sbagliate e tronche, con l’ovvia risata di sfottò di tutta la squadra, zozze o pulite che siano, erano davvero indipendenti e intelligenti, cosa che ormai non si vede più. Fra l’altro, ho avuto l’onore di essere stato eletto più volte caposquadra, di squadre di ogni genere e dimensione ed alle difficoltà di gestione della squadra stessa, si è sempre contrapposta la soddisfazione di veder seguito il lavoro che portavo avanti con i miei squadristi o che facevo da squadrista per l’appunto, seguendo le indicazioni del mio caposquadra, cosa che spesso ci ha portati a vincere il famoso premio, (spesso il primo), che non dovrebbe figurare più su quel dannato palco. Le squadre erano ben fatte e della giusta misura mentre oggi vediamo dei centri d’aggregazione, il più delle volte costruiti ad arte e sulla base di comandi che nulla hanno a che vedere con le squadre medesime. Oggi, ma è così da troppi anni, quando arriva una squadra in casa di chi che sia, come detto per i bar, il padrone di casa maledice il momento nel quale ha aperta la porta, non tanto per ciò che deve offrire agli squadristi ed ai loro accompagnatori, quanto per la confusione che si va a creare, confusione che spesso non permette ai bersagli sotto tiro della maidunata di apprezzare a pieno quanto viene loro detto, in rima o no, con o senza errori, con o senza malizia.

Detto tutto ciò, se ne deduce che il modus operandi di chi gestisce il capodanno a Gambatesa, costringe in ogni modo chi vuol fare le maidunate in maniera indipendente a desistere, visto che alla capacità dei cantori o degli strumentisti si sta sostituendo via via la necessità di pensare esclusivamente a quel dannato premio che abbassa il livello della manifestazione stessa e che spesso è veicolo di ricatto e risentimento. Mi è capitato infatti nel millenovecentonovant’uno, di appartenere ad una squadra che fu così ben attrezzata da far passare quella notte di capodanno in un baleno. Il giorno dopo, la squadra decise che non sarebbe stato il caso di salire sul palco, proprio per rispetto alla tradizione notturna, (scusa il gioco di parole), tradita. Quell’anno, l’antesiniana dell’Associazione Culturale “I Maitunat”, decise di sguinzagliare una giuria segreta che la notte esaminava le squadre in giro per il paese, in modo da assegnare il premio sul palco, non solo alle esibizioni pomeridiane, ma anche e forse soprattutto a ciò che si fosse verificato la notte prima, in fatto di maidunate vere e proprie, di esibizioni musicali e di durata della vita in quella notte della squadra stessa il più a lungo possibile. Ricordo come fosse oggi che Pasquale Vezza se la prese con me e con un altro paio di componenti della nostra squadra per la nostra mancata partecipazione al palco, cosa che ci avrebbe visti ricevere il secondo premio. Senza tirarla per le lunghe, l’anno successivo andammo sul palco e fummo squalificati a prescindere.

A Che Pro Questa Forma Di Ricatto?

Come detto in testa, io quest’anno non ho partecipato e non sono entrato in squadra, non perché qualcuno me ne abbia cacciato, ma perché dovevo scrivere quanto farneticato senza coinvolgere terzi. A proposito però del mio precedente Foglio Di Via, finalmente posso chiudere la partita, prima del tempo previsto, con somma soddisfazione perché non è obbligatorio perdonare chi non chiede scusa per i suoi errori. Mi fa piacere quindi constatare che fra i due di cui all’ultimo link, il forestiero ha lasciata la squadra dalla quale a suo tempo cacciò me, e la soddisfazione sta nel fatto che evidentemente a coloro che sono rimasti è finalmente scappata la pazienza ed hanno capito con chi avevano a che fare, (Notizia comunicata lunedì scorso nel bar dei cafter da Antonio Passarelli e confermata da varie fonti prima dell’uscita dell’altra notte), mentre a chi viene considerato sulla carta mio parente, pare che il buon Dio abbia riservato di assaggiare il dolore che mi ha inferto, se vogliamo in maniera anche più violenta, vale a dire direttamente toccandolo nei suoi sentimenti personali e facendolo cacciare a sua volta da quella squadra che porta alla vita, proprio dalla componente che doveva essere la più fidata, notizia venuta alle mie orecchie pelose per ironia della sorte proprio il giorno di Santo Stefano appena trascorso, notizia sussurrata per Gambatesa già qualche giorno prima, notizia che vede saltare tanti progetti basati su quella sicumera che contraddistingue chi pensa di soggiogare il Prossimo, non rendendosi conto che il suo potere passa come fosse una meteora e di ciò non resta niente perché tutto l’orpello si basa su fondamenta che possono venir ritenute valide solo da chi vive fra la stupidità imperante. Senz’aggiungere altro sul secondo, ma riferendomi al primo personaggio in questione, mi chiedo se Giovanni Carozza si sia reso conto del nuovo acquisto, o lo abbia raccattato semplicemente per umana pietas.

Crepate voi adesso: Non può che farmi piacere!
Giustizia è fatta!

Concludendo: Spero che quanto espettorato oggi, anzi, nei giorni scorsi e messo a tua disposizione a babbo morto, vale a dire a festa conclusa, venga in qualche modo recepito, perché personalmente a seguire intendo partecipare solo a squadre davvero “di Capodanno”, senza stupidi ed inutili orpelli, senza secondi fini se non quello di divertirci a fare le maidunate, per capirci, come accadde nel duemilauno, quando Tonino Di Iorio, (da noi allora denominato “Lo Sponsor”), titolare di quello che oggi è il bar Pallons, praticamente costrinse me con la fisarmonica, Totore con una bottiglia vuota di spumante Ferrari, Donato (sdanghin) che utilizzava un barattolo di maionese pieno di pietre, Enzo (pagnotta), ubriaco ma simpatico e cantore insieme a me ed infine, ma non ultimo Mario Tronca, (maccarunar), con l’organetto, a fare una squadra che sembrò impossibile ma ci fece divertire all’inverosimile, tanto che io credo che dal millenovecent’ottantadue ad oggi, tolti il novant’otto, il duemila e quest’anno nel quale non ho fatta la squadra, il duemilauno sia stato l’anno nel quale mi sono divertito di più la notte di capodanno. E non sembri strano: Avevamo anche gente che ci seguiva! Ovviamente il primo eravamo così stanchi che non potevamo andare sul palco e comunque non ci saremmo andati.

GRAZIE SPONSOR!!!

Spero dunque che dal prossimo anno si possa tornare a riavere la libertà di cantare e suonare senza alcun vincolo, magari con la complicità di chi si è stufato di questo stupido ed inutile andazzo e deciderà, con noi o con un’altra squadra, di riprendere la vera tradizione delle maidunate, oggi quasi uccisa. Mi auguro tutto ciò perché al di là del pensiero dei miei detrattori e di chi si ostina ad ostracizzarmi, se proprio non dovessi riuscire a costituire in futuro una squadra davvero tale, potrò sempre continuare a far maidunate pesanti ma libere come questa di oggi da questa “Voce Fuori Dal Coro”, operando durante gli altri trecentosessantaquattro giorni che l’anno ci propone e facendo indigestione di fatti da divulgare, questa volta però suffragati da prove, e riposandomi quella Santa Notte che di tal santità ormai sta per avere solo un vago ricordo.