Di Donato Iadarola
Caro, immenso fustigatore delle umane debolezze e dei nefasti vizi di noi poveri mortali,
sono rimasto veramente abbacinato da quello che hai scritto in questa tua infuocata reprimenda dei comportamenti indecorosi dei “pezzenti”, che si sono mostrati incapaci di resistere all’ appeal delle esche di tacchino, pasturate dal capo dell’amministrazione comunale ed al bicchiere di vino ad esse collegato.
Le griglie deformate delle strade di Gambatesa ed i muri scrostati dei depositi comunali gridano giustamente vendetta.
La folla dei mendicanti che si sono assiepati indecentemente intorno alle tavolate di via Veneto hanno rappresentato veramente uno spettacolo disdicevole, indegno di un paese civile.
Tanto più che la stragrande maggioranza dei banchettanti non era costituita, come tu sottolinei, da gambatesani residenti , ma da oriundi e transeunti che, tra l’altro, non pagano le tasse in questo paese.
Insomma, dopo la festa degli emigranti si è svolta, inopinatamente, quella degli immigranti.
A proposito, dimenticavo di dirti che tra questi ultimi c’eravamo, a gozzovigliare, anch’io, il mio amico Giuseppe e quattro signore: tutti, spudoratamente (ed allegramente) non residenti, non paganti e ingordi all’inverosimile.
Fine della parte ironica.
P.S.: Ti è mai passato per la mente che oggi nessuno è così povero in canna da essere indotto ad elemosinare una cena?
E che chi è in vacanza è invogliato a partecipare a questi eventi solo perché desidera passare una serata diversa in compagnia degli altri e perché gliene offrono, deliberatamente, l’occasione?
E non ritieni che un essere umano non può meritare l’epiteto di pezzente solo per questa sua naturale inclinazione?
Da osservatore attento quale sei, e che ho avuto modo di apprezzare, non ritieni che con questo oltraggioso articolo hai fatto più male tu, in termini turistici (ed economici), al paese che non i lamentati sprechi del sindaco?