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Enews 387, martedì 18 novembre 2014

Di Matteo Renzi

Arrivo un po’ in ritardo all’appuntamento mensile, cerco di recuperare con una enews per punti

1- Sono reduce dall’appuntamento australiano del G-20, il consesso che riunisce i Paesi leader del mondo tenutosi quest’anno a Brisbane. Nel documento finale è stata recepita la proposta italiana contro la corruzione (il lavoro che svolge l’Anac di Raffaele Cantone sta diventando una buona pratica a livello mondiale) e che si è fatto un discreto passo in avanti sulla riduzione dell’inquinamento in attesa della conferenza di Parigi del 2015. Ma la cosa che mi ha più colpito è stata la consapevolezza della stragrande maggioranza dei partecipanti: è arrivato il momento di scommettere sulla crescita e sugli investimenti, considerando miope l’esclusiva attenzione all’austerità e al solo rigore. È un grande passo in avanti che noi italiani abbiamo proposto e imposto all’Europa in occasione del nostro semestre. Adesso non ci resta che attendere la presentazione nelle prossime ore da Bruxelles del piano da 300 miliardi di euro promesso da Juncker.

2- Uno potrebbe replicare: crescita, austerità, rigore, investimenti. Ma questi argomenti a cosa servono nella vita quotidiana di tutti i giorni? Cosa cambiano agli italiani? Poco in teoria, molto nella pratica. Se riusciremo a spostare l’attenzione dall’austerità alla crescita, cambiando il paradigma economico dominante di questi anni di crisi, la ricaduta sulla vita quotidiana delle persone in termini di posti di lavoro e capacità di spesa sarà evidente. Qualcosa piano piano si sta muovendo: nei sei anni 2007-2013 l’Italia ha perso poco meno di un milione di posti di lavoro. Negli ultimi sei mesi abbiamo recuperato poco più di centocinquantamila. Ancora poco, sia chiaro. Ma è un primo segno di inversione di tendenza che va incoraggiato innanzitutto attraverso le riforme (e quando la cortina fumogena del dibattito ideologico si abbasserà, vedrete che in molti guarderanno al Jobs Act per quello che è: un provvedimento che non toglie diritti, ma toglie solo alibi. Toglie alibi ai sindacati, toglie alibi alle imprese, toglie alibi ai politici). Le riforme non bastano. Occorre investire sull’export (nonostante le sanzioni alla Russia abbiano picchiato forte su una parte importante della nostra economia i dati ci consegnano un quadro molto positivo: a settembre più 7,4% rispetto allo scorso anno) e occorre soprattutto la più grande riforma, che consiste nel restituire fiducia ai cittadini, alle imprese, agli italiani. Questo è il lavoro più faticoso che stiamo facendo, ma è anche il più bello. Più giri per il mondo, più ti rendi conto che l’Italia ha tutto per tornare a essere protagonista. Ma deve crederci per prima lei. E io non mi stancherò mai di ricordare a noi stessi chi siamo e cosa dobbiamo tornare a essere. Del resto voi me lo ricordate ogni giorno con le vostre email che sono per me preziose e emozionanti.

3- La legge di stabilità 2015 – la vecchia finanziaria – si sta occupando esattamente di restituire fiducia. Si riducono le tasse in modo stabile e strutturato, a partire dalla stabilizzazione degli 80 euro e dalla riduzione delle imposte per chi crea lavoro. La legge adesso è al vaglio del Parlamento. La approveremo definitivamente nelle prossime settimane ma quello che deve essere chiaro fin da adesso è che dal 2015 sarà più facile assumere e più conveniente dal punto di vista economico. Abbiamo cercato di sottrarre la legge di stabilità alla competenza esclusiva degli addetti ai lavori coinvolgendo i cittadini anche se so che non è semplicissimo addentrarsi nell’elenco dei commi e degli emendamenti. Ma chi volesse dare un occhio alle linee di indirizzo e dirmi che ne pensa mi fa un piacere: matteo@governo.it

4- Nel frattempo la consultazione su come cambiare la scuola partendo dal basso e non con progetti di riforma imposti dal governo ha visto una partecipazione molto positiva. 1 milione e trecentomila accessi, 200.000 cittadini attivi, 2.000 dibattiti sul territorio. Devo confessare che non mi accontento. La riforma della scuola deve diventare oggetto di dibattito ancora di più, ovunque. Perché – lo ripeto fino alla noia – solo cambiando la scuola si cambia un Paese. Gli economisti e gli esperti dibattono spesso di misure per la crescita: bene, personalmente ritengo che non ci sia una misura più importante dell’investimento educativo, sul capitale umano. Ho partecipato ad alcuni dibattiti, anche televisivi, sull’argomento. Mi colpiscono due approcci diametralmente diversi. Il primo, minoritario, è tipico di quella parte dei professori che contestano l’introduzione di criteri di merito e – in fin dei conti – dicono che è stato un errore aver aperto la consultazione su “La buona scuola” a tutti. Chi di voi ha seguito Porta a Porta di qualche giorno fa ha ben presente di cosa stia parlando. Il secondo, largamente maggioritario, è quello di chi ci crede. Quello dei prof, dei presidi, ma anche dei genitori e dei ragazzi, e che si fidano del nostro tentativo di cambiare le cose. Ed è pronto ad accettare con curiosità e passione una discussione vera. Adesso tocca a noi. Abbiamo avuto riunioni chilometriche, appuntamenti quasi in tutti i comuni, chiacchierate informali e litigate serrate: bene, adesso si decide. I soldi li abbiamo messi in legge di stabilità, come promesso. Gli strumenti legislativi sono pronti, adesso si può provare finalmente a partire anche in Parlamento con la riforma più seria e più importante: quella che riguarda il futuro dei nostri figli.

5- A proposito di riforme. Dopo qualche rinvio di troppo abbiamo finalmente chiuso sulla tempistica della legge elettorale e della riforma costituzionale. La riforma costituzionale sarà approvata in seconda lettura dalla Camera entro il mese di gennaio. La legge elettorale sarà approvata dal Senato entro l’anno. L’Italicum prevederà alcune modifiche, come annunciato: il ballottaggio scatterà se nessuno prende almeno il 40% (anziché il 37%). Il premio andrà alla lista anziché alla coalizione e questo rafforzerà molto la compattezza della maggioranza. Di conseguenza la soglia di accesso alla ripartizione dei seggi sarà unica e abbassata al 3%. Eviteremo anche i candidati sconosciuti nascosti dentro liste-lenzuolate: ognuno dei 100 collegi avrà un capolista secco (almeno 40 dovranno essere donne) e la possibilità di indicare con le preferenze gli altri candidati. Mi pare che sia un ottimo traguardo che consentirà di avere candidati riconoscibili, certezza di un vincitore, una maggioranza stabile non ricattata dai piccoli partiti.

A proposito di partiti. Ho letto con curiosità tante polemiche perché il PD ha organizzato due cene di finanziamento aperte e trasparenti. Abbiamo incassato 1,5 milioni di euro e con questi soldi possiamo evitare di mettere i dipendenti del PD in cassa integrazione e quindi di far pagare allo Stato i costi di funzionamento del nostro partito. Vorrei essere chiaro: quando io sono arrivato i dipendenti in forza al PD erano 161, adesso sono 146 e io non ho fatto neanche un’assunzione. Siamo dunque stati sobri ma le spese del passato ovviamente si fanno sentire. E siccome io credo che sia giusto abolire il finanziamento pubblico ai partiti come diciamo dalla prima Leopolda lasciando la libertà ai cittadini di decidere se pagare o meno per un movimento politico, trovo naturale che si organizzino cene in modo trasparente con persone che accettano di dichiarare il proprio contributo.

Ho potuto toccare con mano la demagogia delle accuse di chi dice: “ah, lui va a cena per mille euro” fatto dagli stessi che magari un anno fa dicevano: “ah, il Pd non ha ancora tolto il finanziamento pubblico”. Delle due l’una, amici: o si accetta il finanziamento pubblico (ma ricordo che gli italiani lo hanno respinto con un referendum) o si organizzano iniziative trasparenti e chiare di raccolta fondi. Tutto il resto Ú demagogia. No? Vi leggo volentieri: matteo@governo.it

Attenzione! Domenica 23 novembre si vota per due importanti regioni. Nelle prossime ore sarò impegnato a chiudere la campagna elettorale in Calabria (venerdì sera, a Cosenza, a sostegno di Mario Oliverio) e in Emilia Romagna (giovedì sera a Bologna, con Stefano Bonaccini che molti di voi hanno imparato a conoscere durante le primarie di un anno fa, quando guidò la mia campagna per le primarie e poi nel ruolo di responsabile Enti Locali del PD).

Pensierino della sera. Maltempo. In queste ore il maltempo è tornato a fare danni in tanta parte d’Italia. Non è finita qui, temo. Tutti gli anni, in tutta Europa, purtroppo ci sono vittime effetto della cattiva stagione. Quello che non è normale è che solo in Italia troppe opere pubbliche siano bloccate dalla burocrazia, dai ritardi, dalla cattiva politica. Chi segue l’enews sa che parlo di queste cose da anni. Perché per me è una ferita aperta pensare che l’Italia abbia denari bloccati in modo così assurdo. Questa è la ragione per cui uno dei primi atti del governo, appena insediato, sia stata la nomina di una specifica unità di missione contro il dissesto idrogeologico, guidata da Erasmo d’Angelis. Poi – da amministratore che ha firmato il primo piano strutturale di una grande città a volumi zero, stoppando la cementificazione dei terreni verdi – dico che esiste una evidente responsabilità di anni di cattiva urbanistica. Ma adesso non è il momento delle polemiche. Si scavi il fango dalle città, si tiri via la melma delle pratiche burocratiche, si realizzino le opere da fare.

Vi aspetto, un sorriso
Matteo

Post-Scriptum. So che non si dovrebbe, che non è politicamente corretto, che ci sono tante questioni aperte nel mondo e che se si dovesse fare la lista dei problemi le enews non sarebbero mensili, ma dovrei scriverne una ogni ora. Eppure. Eppure non ce la faccio a non condividere con voi il dolore che mi suscita questa lettera. Si chiamava Reyaneh. Aveva 26 anni. Si è difesa dal suo stupratore e per questo è stata condannata a morte e giustiziata. La sua lettera testamento, è un grido che fa male ma che va sentito e ascoltato in tutta la sua inutile potenza.

Vorrei dirvi che abbiamo da fare molte riforme, dal fisco alla pubblica amministrazione. Che dobbiamo recuperare posti di lavoro in italia e protagonismo nel mondo. Ma che guidare l’Italia significa anche continuare a combattere, giorno dopo giorno, dalle Nazioni Unite alle strade di periferia per combattere contro la pena di morte. E farlo a voce alta per chi come Reyaneh oggi non può più parlare. L’Italia deve essere anche questo.