Di Vittorio Venditti
Un Breve Ricordo
Non ho foto per mostrarti quel tempo. Non ho audio o video, per farti conoscere l’indifferenza con la quale “gente” che allora comandava Gambatesa, dal punto di vista politico o religioso, (allora la stessa cosa, come se oggi fosse diverso), bastardaggine che poi ci ha visti “onorare” la memoria di chi ha avuto il buon gusto di morire e la “presenza” di chi, (spero con tutto il cuore), lo faccia presto, indifferenza dicevo, con la quale io e la mia famiglia, nel paesello, da quasi tutti i nostri concittadini, siamo stati trattati. Ho però la forza e la capacità di denunciare che, (sicuramente), certa gentaglia non mi ha fatto paura allora e me ne fa ancora meno oggi, nonostante il fatto che non abbia avuta giustizia per l’incendio di casa ove ora sono tornato ad abitare, incendio avvenuto il quindici di ottobre del mille novecent’ottantaquattro, alle ore dodici e dieci pomeridiane, (giusto trent’anni fa), incendio che mi ha cambiata la vita, incendio che avrebbe dovuto avere un altro epilogo.
Per la cronaca: Desidero, a distanza di trent’anni, ringraziare Z. Salvatore Giorgio, (ptacciar, o se preferisci il vigile), sua moglie Za Carmnuccia ed il resto della famiglia, in particolare Franco, il quale, quella drammatica sera, mi offrì il suo letto per dormire, visto che non avevo più nemmeno quello. Ricordo Z. salvatore, che m’invitava a mangiare qualcosa, ben sapendo che quella sera, nello stomaco non ci voleva entrare niente. Quell’uomo e la sua famiglia, quella disgraziata sera, mi offrirono ciò che avevano, sulla loro, anzi, in quel momento, la nostra tavola, c’era pane e salame, c’era del vino ed altre cose che non ricordo… Grazie anche a Vittoria Candeloro che, avendo il baracchino, pur di sollevarmi, mi offerse di utilizzarlo, ovviamente senza successo, visto che in quel momento, nonostante proprio quella identica ricetrasmittente che avevo in casa mia, era stata la causa recondita dell’incendio della nostra abitazione, atteso che a Gambatesa desse fastidio che un non vedente, (che secondo gli allora miei compaesani, avrebbe dovuto pensare a pararsi le mosche), stava facendo ne più ne meno che ciò che io faccio oggi: Denunciare ciò che non va e magari farlo in favore di chi non ha la forza di agire in questo modo.
IO MI PENTO DI NON AVER STERMINATA LA FAMIGLIA CHE MI HA INCENDIATA CASA, COSIDDETTI PARENTI!!!
Avrei fatti quattro anni di carcere, fra finti pentimenti e veri guadagni di danaro.
Avrei ricevuto maggior rispetto di quello che ho attualmente e sicuramente sarei stato ristorato:
Chi si è divertita quel giorno, si è dovuta adattare al compromesso peggiore per una donna: Quello di esser puttana di chi la campa. Se è vero che la donna può decidere di vendersi al miglior offerente, è altrettanto sacrosanto che una vera donna sa vendersi e lo sa fare non certo a chi ha il doppio della sua età. Legittimo farlo, ma farlo come ha fatto quella donna è da morti di fame e questo è ciò che quella meritava e merita, nonostante il fatto che, lontana da Gambatesa, pensa di esser nata a nuova vita.
Io, sbagliando, non l’ho uccisa e me ne pento, perché a questo punto e vista la giustizia italica, avrei guadagnato molto di più in termini di danaro, (pulito o zozzo mi lascia indifferente), nonostante quanto oggi mi possa permettere. Resta il fatto che la mia Vita, per colpa di quella baldracca e dell’allora suo montone, è stata un patire ciò che non andrebbe augurato neppure al peggiore dei nemici: La perdita della dignità personale e familiare. E’ per questo che, a trent’anni da quell'”incidente”, io spero che chi lo ha provocato, chi ne ha giudicate le conseguenze e chi ha riso sul tutto, siano vivi per tornare a quel tempo e non preoccuparsi più di tanto delle disgrazie che a seguire capiteranno loro, speriamo non la morte perché non mi potrei divertire a veder soffrire una tal manica di feccia che ancora qualcuno si ostina a definire “umana”.