Di Vittorio Venditti
Quant’è Lontano L’”inferno”?
Continuando sulla falsa riga di quanto proposto ieri, dopo aver come al solito atteso che si spegnessero i riflettori emozionali, ispirato da quanto accaduto lo scorso ventidue luglio, mi permetto di tediarti come segue, anche in questo periodo che, secondo il Dire comune, dovrebbe essere dedicato al riposo ed alla spensieratezza.
Perché così forti titolo e sottotitolo?
Da quando l’essere umano ha compreso che bisognava nutrire oltre al corpo anche la mente, si dice che, una vera nutrizione di quest’ultima, porti beneficio diretto anche al corpo, non solo quello di chi si sta nutrendo.
Insomma: una buona cultura è alla base di tante possibilità di dirimere questioni, altrimenti destinate ad essere risolte con lo scontro fisico, scontro che inevitabilmente porta alla sconfitta dei contendenti, quale sia sia il risultato finale.
Un esempio lampante e non troppo lontano dai nostri tempi, lo abbiamo ottenuto dai risultati scaturiti al termine delle due guerre mondiali; simile soluzione, si è presentata in Iraq prima, in Afganistan poi.
E se Parlassimo dell’evoluzione militare in Libia?
Tornando però al doloroso spunto.
Mi preme parlare del comportamento dell’autore di quella strage, prendendolo come esempio del risultato ottenuto dal lassismo e dalla sicumera con cui in questo ultimo mezzo secolo, è stata gestita la risorsa Cultura a livello mondiale.
Il punto cardine di tutto ciò, personalmente lo pongo al millenovecentosessant’otto, quando, per scelte poi dimostratesi fallimentari, si è pensato che la scuola, diritto per tutti, dovesse diventare diritto di essere comunque promossi per tutti.
Eppure, i giusti principi che hanno ispirati i movimenti d’opinione di allora, si basavano esclusivamente sull’uguaglianza fra tutti nel poter accedere al diritto allo studio!
Chi ha travisata una simile e sacrosanta teoria?
Me ne occupo un’altra volta, visto che in merito avrei parecchio da dire; oggi, come detto, occupiamoci del disastro che nel tempo si sta proponendo a tutti noi, spettatori ma allo stesso tempo attori.
Da che mondo è mondo, quando si è voluto friggere qualcosa, si è dovuto farlo utilizzando l’olio, possibilmente di buona, se non ottima fattura.
Friggere con l’acqua, è sì stato utile, ma ha ottenuto l’ovvio, diverso risultato: il lesso.
La tua intelligenza, mi dà soddisfazione nel vedere che quanto sopra esposto è perfettamente comprensibile.
Se così è, trasponiamo questa mia teoria in pratica, ed analizziamo gli effetti di quel modo di studiare, proposto in tutte le scuole di ogni ordine e grado, ed appoggiato incondizionatamente dalla politica, espressione della nostra, democratica Volontà, nel ridurre la scuola a qualcosa di puramente teorico.
Presto detto:
Allo stato attuale delle cose, si è persa ogni capacità di affrontare la vita di adulti, secondo lo spirito che ha guidati i nostri predecessori, nel ricostruire quanto era stato distrutto dalle guerre mondiali.
Oggi, (e lo diceva già la mia insegnante di Storia Della Filosofia, nel millenovecent’ottantaquattro), non si trovano più giovani in grado di svolgere mansioni artigianali; si è pensato “bene” che queste mansioni ponessero il giovane che avesse voluto svolgerle, in una posizione subordinata rispetto a chi, magari con maggiore disponibilità economica nella famiglia di provenienza, avesse preferito studiare per raggiungere la possibilità di svolgere un “lavoro pulito”.
La politica, sull’onda di un simile modo di pensare, ha di conseguenza messo l’artigiano che avesse voluto insegnare il proprio lavoro, in condizione di non farlo, viste le stupide quanto deleterie imposizioni fiscali, derivanti da un simile agire.
Così, ad esempio, si è verificato, (proprio in questo periodo a Gambatesa, a spese di uno degli ospiti del convento di San Nicola), che questo ragazzo, pur essendo capace d’imparare il lavoro obbiettivo del suo apprendistato, pur essendo fortemente motivato nel farlo, è stato allontanato dalla bottega di chi gli avrebbe insegnato, perché, se quest’ultimo avesse fatto da maestro, ne avrebbe pagate duramente le conseguenze, dal punto di vista fiscale.
La mia povera Professoressa, nel disquisire, lamentava anche un altro handicap, imposto dall’attuale modo di gestire lo studio:
Il fatto che, usciti dalla scuola, i neo diplomati o neo laureati, nella stragrande maggioranza dei casi, per poter avvicinarsi al mondo del lavoro, avrebbero dovuto farlo con l’aiuto di modelli prestampati; Insomma:
Usciti dalla scuola, i nuovi candidati al lavoro, non erano e non sono in grado di compilare una richiesta o un curriculum da presentare.
Si è dovuti tornare al punto di insegnare ai nuovi Dottori, come farlo.
Questo fatto però, non nasce da qualcosa di campato in aria.
Da informazioni ricevute da “Il Segreto Di Pulcinella”, sembra che presso l’Università Degli Studi del Molise, (aggiungo io: “e non solo”), l’espletamento delle attività amministrative, utili agli studenti per poter frequentare la stessa Università, non venga esperito da questi ultimi, ma dai propri genitori…
Ti sembra normale?
A ciò, voglio aggiungere qualcosa che ho notato proprio su quest’inutile sito, all’atto della ricezione di messaggi, inviati alla mia casella.
In più di un caso, ho dovuto sopportare di vedere gente che, nel presentarsi, antepone il proprio cognome al nome di battesimo, dichiarandosi poi, “Laureata”.
Chi glie lo dice a questi “Dottori” che il cognome è tale, proprio perché va posto dopo il nome?
E chi lo dice anche ai di loro insegnanti?
Sì, perché nel frequentare l’Istituto Magistrale, avendo, (a differenza d’altri), avuto ottimi insegnanti, ho ricevuto un Dono, proprio dalla Professoressa di tirocinio.
Mi è stato, in sostanza, insegnato che, “Se il bambino cui stai insegnando non comprende la tua spiegazione, ciò va verificato, non nella sua capacità di comprendonio, ma nella tua capacità di trasmettere ciò che vuoi insegnare”.
Quanti insegnanti, nelle scuole di ogni ordine e grado, dopo la fatidica domanda:
“è tutto chiaro ragazzi?”, si pongono il problema di verificare quella scontata risposta affermativa?
Quanti docenti, nell’espletare il lavoro per il quale vengono retribuiti, si preparano ad un dibattito sulla lezione appena impartita, invogliando gli alunni a porre le domande senza la paura di essere redarguiti?
Quanti, di questi onesti lavoratori, prima d’insegnare secondo certa metodologia becera, in uso nelle scuole italiane e non solo, hanno fatto il giusto esame di coscienza, per verificare la loro effettiva capacità di guidare ad una giusta educazione il bambino o il giovane, loro affidato?
Così, con queste modalità d’insegnamento, si lasciano gli alunni alla libera possibilità di arrangiarsi, nello studio e nell’acquisizione di idee o più spesso ideologie, non propriamente utili al raggiungimento di un risultato veramente valido nella vita futura.
Questo, a mio modesto parere, è poi il viatico a che si arrivi a simili forme di pseudo pazzia, ispirate dalla mancanza di un vero saper informarsi, e soprattutto, dalla mancanza di un vero saper discernere ciò che è buono da ciò che non lo è, così da provocare danni irreparabili, come quello occorso in Norvegia, ultimo fra tanti.