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Ricordo Di Un Sacrificio Inutile

Di Mario Ricca

Voleva Liquidare Ed E’ Stato Liquidato

Trentacinque anni fa, veniva assassinato l’Avvocato Giorgio Ambrosoli. La prima volta che mi interessai a questo personaggio, fu nell’immediatezza della morte di Michele Sindona. Avevo quindici anni, ero terribilmente afflitto da quel virus chiamato speranza, (dal quale sono riuscito a guarire per mia fortuna), la misantropia ancora non si impossessava di me e ritenevo i miei connazionali, degni di un rispetto non solo dovuto ma soprattutto voluto. Allora il sacrificio di Ambrosoli mi parve atto eroico e a causa del virus di cui sopra e di un senso d’appartenenza patria figlio della mia ingenuità adolescenziale, addirittura esempio da seguire.

Gli anni sono trascorsi, ne è passata di merda sotto i ponti. In seguito all’atto terroristico detto mani pulite che sovvertì il potere all’inizio degli anni novanta, (costellati anche da alcuni fuochi d’artificio che in terra Sicula movimentarono la primavera-estate 1992), La questione morale tenne banco tra il popolino, impegnato a piangere i morti, a scandalizzarsi perché d’”improvviso” scoprì che i politici italiani rubavano. L’italiano è fatto così, si lascia prendere dall’emotività e partecipa con quell’indignazione ipocrita che si manifesta quando evidentemente dimentica di essere italiano.

Passata l’onda emotiva e tornata l’italica normalità, la legalità oltre a non essere più un valore imprescindibile per questa democrazia è tornata ad essere ingombrante. Osservando quanto accadeva, cinismo e razionalità mi hanno aperto gli occhi e guarito dal virus speranza, avvolto dalla misantropia mi domando: ne è valsa la pena dare la vita per questo Paese e per questo popolo? Penso proprio di no. Non credo che noi italiani meritiamo che nostri concittadini rischino la propria vita per questo Paese senza via d’uscita, (e per me che punto al ribasso è una fortuna quindi, che non sia presa questa considerazione come critica al sistema), mi auguro che non ci siano altri Giorgio Ambrosoli, morti in una guerra combattuta, (dove le vittime erano consapevoli dei rischi che correvano), contro un sistema che muta solo negli uomini, ma non nella sua essenza, quell’essenza che rende inutili sacrifici come quelli dei tanti Ambrosoli, rimossi per necessità e interessi più importanti evidentemente dei loro ideali.