Di Stefano Venditti
Rispetto alla maggioranza degli italiani oggi mi sono svegliato sereno, allegro, sorridente e felice, felice di aver trascorso un pomeriggio intero con mio figlio Marco che da pochi giorni ha compiuto 4 mesi. Ignorata completamente la diretta televisiva della partita di calcio dei mondiali brasiliani tra Italia e Uruguay, decisiva per l’accesso agli ottavi di finale, visto che il calcio non è tra le mie preoccupazioni, anzi non lo considero neanche uno sport ma solo la punta di un iceberg di business e niente più, ieri ho deciso di portare a spasso mio figlio per le viuzze di Campobasso visto che era un po’ nervoso e anche per lasciare più tranquilla mia moglie alla guida del suo negozio di alimentari. Debbo dirvi che la passeggiata si è trasformata in un piacere immenso e in un momento profondo di riflessione.
Riflessione che è stata stimolata soprattutto dal fatto che Campobasso, dalle 17.30 alle 20.00, si era trasformata in una città fantasma. Nessuno per strada, ne essere umano, ne tantomeno animale, ne macchina o furgone di sorta. Una città dove il tempo sembrava essersi fermato, dove nei pochi negozi e bar aperti echeggiavano le parole dei cronisti sportivi della Rai che commentavano la partita. Per strada solo due persone, io e mio figlio Marco nell’ovetto. Una tranquillità quasi surreale, tanto è vero che Marco dopo neanche 15 minuti di passeggio si è addormentato fino a quando verso le 19.45 sono rientrato al negozio di mia moglie. Passeggiando pensavo a quanto fossi stato fortunato a diventare padre e ad aver ricevuto un simile e prezioso dono dal Signore e da mia moglie. Ormai tutto passa in secondo piano visto che questo piccolo “frugoletto” ha bisogno della nostra guida per crescere e maturare. Pensavo, voi vi arrabbiate per le sorti di un gruppo di atleti che corrono dietro una palla a migliaia di chilometri da Campobasso, io, invece, mi godo un momento di pace e serenità con mio figlio, luce e gioia dei miei occhi. Poi ragionavo sull’ipocrisia che regna ogni qual volta che la Nazionale di calcio scende in campo ed in particolar modo nei Mondiali e negli Europei. Solo allora gli italiani si riscoprono tali, solo allora si parla di patria e di valori patriottici, solo allora si pensa di far parte di una grande nazione e si espone il tricolore sul balcone o sulle finestre. Che ridicoli! Se ci riduciamo a ricordarci della nostra Patria e di chi si è sacrificato per renderla tale solo in simili occasioni siamo proprio messi male! E poi pensavo, quando finiranno i Mondiali brasiliani di calcio le stesse persone che hanno ora posto il tricolore sul balcone lo manterranno anche per sostenere gli italiani in altre discipline sportive? In contemporanea si stanno disputando gli Europei a squadre di atletica leggera, le partite di Word League di pallavolo maschile, nel fine settimana ci saranno i campionati nazionali di danza sportiva, si stanno disputando le gare di finale dei play-off di basket maschile di serie A, e così via? Qualcuno ne era al corrente? Qualcuno si strapperà i capelli o qualche collega scriverà fiumi di parole per descrivere le imprese degli Azzurri di altri sport, come spesso vengono definiti quelle discipline che non hanno nulla a che fare con il calcio? Non credo proprio! Come se ci fosse una maglia Azzurra di serie A e una di serie B! Allora ben venga un pomeriggio vissuto al fianco di mio figlio ad assaporare la vera essenza dell’essere umano, a fare da “guida turistica” ad un bimbo che da poco si è affacciato a questo mondo e al quale, mi auguro, riuscirò ad insegnare i veri valori di questa vita, anche quelli sportivi, perché no! Ho trascorso delle ore serene, ammirando le smorfie che mio figlio faceva durante il sonno e raccontandogli tante di quelle cose che mi venivano in mente mentre camminavo tra i vicoli della città vecchia e per le strade più moderne della città murattiana. Questa è la vita, non quella vissuta dentro o ai margini di un rettangolo verde, naturale o sintetico, e le tragedie sono ben altre, non quelle vissute dai giocatori di calcio! Al massimo si potrà parlare di spedizione fallimentare senza aggettivi di sorta! Alla fine il calcio dovrebbe essere un gioco, uno sport, ma credi che non lo sia più da diverso tempo. Vi saluto con il sorriso sulle labbra e nel mio cuore per ciò che Marco mi ha dato ieri pomeriggio e per quello che mi dona giorno dopo giorno da quando è nato. Pensate alle cose vere della vita e non a frivolezze come il calcio!
Buona giornata a tutti