Di Comitato “No Eolico Selvaggio, Sì Molise”
“L’olivo paga insomma il prezzo della nostra società energivora e consumistica” scrive il direttore di Teatro Naturale, Alberto Grimelli, ospite di una manifestazione a San Martino in Pensilis in cui si è parlato di paesaggio olivicolo proprio là dove questo paesaggio convive con quello di un Parco eolico, che, l’allora sindaco Facciolla, ha voluto nel suo territorio a ridosso delle case di Ururi.
“Uno scempio necessario – secondo l’ex sindaco ora assessore regionale all’agricoltura e ambiente, Vittorino Facciolla – un compromesso alla modernità e alle sue esigenze, poiché è meglio una pala eolica, che il continuo consumo di petrolio”.
Una giustificazione che non regge nel momento in cui tutta questa modernità la deve pagare il Molise con gli enormi e ingombranti pali eolici visto che, grazie a lui e a qualche altro, ne sono stati impiantati già mille e altri 1200 sono in attesa di autorizzazione, dopo quelli di Campomarino, Montemitro e Montecilfone.
La verità è che Facciolla, ancora una volta, dimostra di non avere chiaro il significato di territorio e, soprattutto, di non avere alcuna idea – visto che si preoccupa del continuo consumo di petrolio – della bellezza e della bontà del territorio molisano e del suo paese. Parla di consumo di petrolio solo per confondere le idee alla gente, visto che tace riguardo al consumo di territorio che una sola pala eolica produce con l’apertura della strada per raggiungerla e lo scavo di metri cubi di terreno per installare un blocco di cemento a supporto dell’enorme palo.
Il consumo di ettari ed ettari di superficie agricola destinati al cibo, oltretutto di riconosciuta qualità, come l’olio, il vino, i prodotti lattiero-casearii, il tartufo e i funghi, i cereali; alla biodiversità ed al paesaggio, che sono valori incommensurabili (questi sì espressioni di modernità e di attualità) che i pali eolici li riducono a poca cosa; destinati; al domani di NOI giovani, che solo nel territorio abbiamo la possibilità di organizzare il nostro futuro e il futuro del Molise.
Un pensiero politico o filosofico quello del “consumo di petrolio” che illumina Facciolla meno di un lumino ad olio sotto la statua del suo santo preferito. Olio extravergine degli olivi già sacrificati o da sacrificare alle pale eoliche o che vivranno sotto l’ombra di questi generatori di grandi affari più che di energia rinnovabile.
Non è un caso che – sempre per la ragione del risparmio di petrolio – è stato spinto a sostenere la produzione di metano prodotto direttamente da 12.000 manze provenienti dalla Lombardia e dall’Emilia Romagna e in sosta su terreni della sua San Martino in Pensilis per il tempo necessario per maturare la gravidanza e così tornare in sede a produrre latte. Tutto a vantaggio della Granarolo, di chi ha prodotto il progetto e di chi l’ha sostenuto a far sì che fosse il Molise a pagare la realizzazione di una struttura in cemento su una superficie di 100 ettari dei suoi migliori terreni.
Noi del Comitato “No Stalla, Sì bene Comune del Molise” siamo contenti della vittoria del territorio che ha convinto la Granarolo a soprassedere e cercare altrove. Lo abbiamo già detto e lo ripetiamo, bisogna dire grazie al territorio ed a quanti hanno con esso collaborato se è stato possibile evitare quello che Facciolla chiama “scempio necessario”, ben sapendo che uno “scempio” è uno scempio, cioè la conseguenza di una distruzione che priva ognuno di noi di qualcosa che ci appartiene, importante, a vantaggio di qualcuno o di pochi speculatori.
Con la stessa convinzione e la stessa determinazione abbiamo sposato la necessità di dire “No Eolico selvaggio, Sì Molise”, convinti come siamo che il territorio è un bene comune e non di qualcuno, che vale la pena difenderlo da ogni tipo di scempio, per dare al Molise il respiro che merita che è quello, prima di ogni cosa, quello di sognare e di volare per conquistare una vera modernità e non quella indotta da un sistema fallito che sa solo consumare e distruggere.
Noi pensiamo, invece, che c’è bisogno di sviluppare i valori e le risorse del territorio avendo cura di usarli con sobrietà e moderazione e non di distruggerli per dar loro il tempo di rigenerarsi e, così, donarci nuova ricchezza.