Di Mario Ricca
Strategia Della Tensione Per Controllare La Situazione
12 dicembre 1969. A Milano la bomba nella banca nazionale dell’agricoltura che diede inizio alla strategia della tensione. Una scia di sangue causata a mio avviso dalla necessità che il sistema aveva di delegittimare la protesta, per ridurre i danni di quel cancro che è stato il sessantottismo, obiettivo purtroppo non centrato perché di quella stagione ribelle e capricciosa, ne paghiamo ancora lo scotto per falliti e fallimenti da essa generati.
12 dicembre 2013. Altri moti ribelli invadono il Paese.
Premetto che sono contro il diritto alla protesta quando impone la partecipazione passiva di chi deve subirne i disagi, (forse come qualcuno mi fa notare perché ho la fortuna di avere la pancia piena); mi limito a osservare divertito e a constatare quanto accade traendo con sovrano distacco le conclusioni: Non ci troviamo di fronte a una lotta delle classi produttive contro tasse e spesa pubblica come sembrava essere la rivolta dei Forconi del gennaio 2012 e non si tratta nemmeno di tentativo di golpe come i sinistri vorrebbero farci credere.
A proposito dei sinistri, fanno sorridere certe esternazioni… è’ sempre questo il pensiero mancino quando le proteste non sono patrocinate dai sindacati e portate in piazza dagli immigrati e da quei delinquenti criminali dei centri sociali. È’ sempre la solita storia: I sinistri ritenendosi esclusivi depositari di bene comune, giusto e verità, credono di avere l’esclusiva sulla piazza e doverla condividere o cedere, li getta nel panico.
Tornando ai Forconi, si tratta di un movimento cavalcato da lega e forza Italia, spalleggiato dagli integralisti penta stellati per opportunismo politico, che però è carente di credibilità, privo di scopi e proposte. Si tratta a mio avviso di un fenomeno generato da un geniale meccanismo, come accadde negli anni del terrorismo quando da una parte i sindacati, dall’altra parti deviate dello Stato servendosi di chi cantava fecero il gioco di chi contava. Una manovra che secondo me, ha lo scopo di far accettare alla massa questo modo di governare facendolo apparire come male minore.
Se è vero che il modello della società della crescita del PIL non può più fare espandere le produzioni, è inutile distribuire ricchezza per far consumare. Ecco perché diminuisce il valore del lavoro e dello stato sociale. L’espansione del PIL si ha con la finanza, generando denaro dal denaro e concentrandolo sempre in più poche mani. Ecco quindi che le democrazie, che servono a distribuire ricchezza, devono essere progressivamente destrutturate. Il popolino solidarizza con chi ritiene antisistema, arrivando finanche a giustificare chi impone la chiusura di esercizi commerciali minacciando esercenti e avventori.
A quarantaquattro anni di distanza, la storia si ripete: Staremo a vedere se per rendere più efficace il messaggio sarà nuovamente necessario sacrificare vite come nelle stragi, ormai parte della Storia patria.