Di Vittorio Venditti
(Foto), Di Salvatore Di Maria
Una Vera Delusione!
Dopo quindici giorni, eccoci di nuovo a recensire le realtà gambatesane, nate per accogliere chi viene a visitare il borgo.
Come detto nel sottotitolo però, oggi dovrò essere necessariamente cattivo per onor di verità, con buona pace di chi, proprio ieri, lamentava un mio presunto buonismo, in questo periodo un po’ troppo accentuato.
La stessa persona poi, mi ha fatto notare che le foto, ultimamente, sono di qualità peggiore rispetto al normale; a costui ho spiegato che le attrezzature in uso al mio fotografo di fiducia, in caso di banchetti “violenti”, non possono essere di alta manifattura, a causa della probabile messa fuori uso delle stesse, colpa dovuta alla Pelle che necessariamente si sviluppa in questi frangenti.
Torniamo però ai fatti.
Ieri, come parzialmente anticipato, abbiamo pensato di visitare la Pizzeria Bembè, sita in via Nazionale Sannitica al numero centotredici.
Intanto, mi preme fare i complimenti a Giuseppe Candeloro per la felice scelta di utilizzare il proprio soprannome per rinominare il suo esercizio, alla faccia di quei pochi gambatesani che, (stupidi), ancora credono si tratti di disonore avere un soprannome per l’appunto.
Al di là di ciò, e volendo passare rapidamente ai fatti, va detto che io, Totore e Donato, (per fortuna che mancava Lay), non dovendo utilizzare la macchina perché la pizzeria in questione è sita in paese, alle otto e mezza, a sole quasi tramontato, siamo partiti per la missione: Andare a mangiare una buona pizza.
Arrivati a destinazione, abbiamo trovato il locale pieno e, non senza difficoltà, siamo riusciti a trovare un tavolo all’aperto, per la verità l’unico disponibile, ma che a noi andava bene.
Qui, sono iniziati i primi problemi.
Normalmente, quando ci si siede ad un tavolo di ristorante o pizzeria, che dir si voglia, il gestore del locale fa di tutto per mettere il cliente a proprio agio, presentando sul tavolo posate, tovaglioli e bicchieri, per poi aggiungere a questi primi orpelli, almeno qualcosa da bere per ingannare l’attesa della gestione dell’ordine.
Su quel tavolo, tolto il menu, (sufficientemente ricco), ed un recipiente con delle caramelle, non c’era altro; ne intorno al tavolo medesimo c’era qualcuno che fosse a nostra disposizione, pur sapendo della nostra presenza.
Noi ci potevamo anche stare, atteso che il locale, come detto, era pieno e che altre persone lo hanno dovuto lasciare perché non c’era più posto.
Era anche legittimo che i gestori della pizzeria, servissero prima coloro che avevano chieste pizze da asporto, anche se la cosa la si sarebbe potuta gestire in modo un po’ più razionalizzato.
Tutto questo bailamme, ha fatto sì che Totore, per ingannare il tempo che (vedrai) sarà lungo, abbia progressivamente ed inesorabilmente mangiate tutte le caramelle poste nel recipiente di cui sopra: Chissà l’effetto collaterale!
Noi ci eravamo seduti al tavolo alle otto e quaranta; verso le nove e dieci arrivano in pizzeria anche Leonardo Capozio (Il secco) e la sua fidanzata: Giusy.
I Nostri, non trovando posto ma essendo nostri amici, ci chiedono se era possibile condividere il tavolo, proposta da noi accettata di buon grado, per cui, trovata una quinta sedia e stringendoci, da tre che eravamo, siamo diventati cinque: Ma nessuno si vedeva a servirci.
Ad un certo punto, si è avvicinata a noi Antonietta, la moglie di Giuseppe che, in vistoso imbarazzo, per chiedere scusa dei disguidi, ci ha offerto un vassoio contenente delle bruschette farcite in vario modo, ottime davvero!
Alle nove e mezza finalmente arriva Pasquale, cameriere della sala, il quale recepisce il nostro ordine e le nostre doglianze per la mancanza di posate e quant’altro risulti necessario per poter mangiare e bere; il Nostro acquisisce anche l’ordine perentorio di fornitura di un paio di bottiglie di birra Forst, che con molta difficoltà ci arrivano… Ancora tappate!
“Non c’è problema – dice Leonardo, – ora le stappo io!”; così dicendo, il Nostro estrae un accendino e fa sparare i tappi che, a mò di missile, raggiungono i tavoli adiacenti, sfiorando una signora ed un bambino.
Ma… I bicchieri?
Non se ne vedeva traccia, per cui, richiamato Pasquale, non senza ulteriori difficoltà, siamo riusciti a recuperarli.
Bene, almeno abbiamo arrangiato un bicchiere di birra; ma la pizza ed il resto dell’ordine?
Verso le dieci, ecco che una flebile luce si vede in fondo al tunnel: Arrivano patatine e crocchè, ma tutto il materiale in un’unica soluzione; voglio dire che noi avevamo richieste cinque porzioni di patatine e cinque porzioni di crocchè, ma ci sono arrivati un vassoio contenente le Prime ed un piatto con la seconda richiesta, al che io mi sono garbatamente risentito, riuscendo ad ottenere almeno i cinque piatti che ci spettavano, anche se non si vedeva neanche l’ombra di posate e tovaglioli.
Per accelerare i tempi della distribuzione poi, Leonardo è stato costretto a fornirsi di pinze ed a dividerci quanto ci era stato portato nei vassoi condominiali; Insomma: Più che un amico, avevamo acquisito un provvidenziale cameriere personale.
Mentre Leonardo faceva la “divisione dei beni”, (patate e crocchè che nel frattempo si erano raffreddate), ecco che arrivano le pizze.
A questo punto siamo scoppiati a ridere per non piangere, visto quanto esposto in foto: C’è mancato poco che le pizze avremmo dovuto accatastarle, visto l’esiguo spazio a nostra disposizione.
Come abbiamo risolto?
Mangiando a rotta di collo patatine e crocchè, (tanto era tutto freddo), per far spazio ai piatti contenenti le cinque pizze, ovviamente, alla Attila, quindi senza l’ombra di una posata e di un tovagliolo, neanche a pagarli a parte!
Eccoci dunque al piatto clou, che avrebbe determinata la riuscita o meno della serata.
Da dire che personalmente ho trovata la mia “diavola”, quasi come l’inferno di Dante, atteso che lì esistano luoghi con fiamme e posti dove il ghiaccio la fa da padrone.
In effetti, se il condimento della pizza era ben cotto, (in qualche caso anche troppo ben cotto), la pasta che è parte principale della pizza stessa era quasi cruda.
A Totore poi, la pizza è stata portata, ma gli ingredienti descritti sul menu erano stati in parte sostituiti…
“Mangiando” quanto ci era stato consegnato, abbiamo provato insistentemente a chiedere altra birra, anche perché il divorare le patatine e le crocchè ci aveva messa non poca sete, oltre ad averci scombussolato tutto lo scombussolabile.
Al posto della birra però, ci è arrivato un altro vassoio di “scuse”, rendendoci ancora più reattivi, visto che più che le richieste di perdono, (si può capire che la troppa gente in sala possa creare problemi), noi avremmo preferito che ci arrivasse la birra richiesta ed anelata, quasi fossimo reduci dal deserto.
Alle dieci e trentacinque, non potendone più ed avendo davvero sete, decidiamo di accatastare i piatti nel frattempo svuotati non senza fatica e chiedere il conto.
Qui, ecco un altro problema: Se fossimo stati dei disonesti, avremmo potuto tranquillamente alzarci ed andarcene, visto che per dirla con un francesismo, non ci si filava nessuno.
Noi abbiamo preferito chiedere a Giusy di rappresentarci ed andare lei alla cassa.
Dopo buoni cinque minuti ecco la nostra amica di ritorno con il conto: Cinquanta euro da dividere in cinque: La liberazione!
Diamo i soldi a Giusy che li va a consegnare e poi, io, Totore e Donato, salutati la stessa Giusy e Leonardo, ci dirigiamo verso il largo della Madonna, dove si stava svolgendo la prima giornata del torneo di calcio a tre, che tante soddisfazioni ci ha date anche l’anno scorso: Qui se ti va di ricordare.
L’anno scorso però, fra gli amici c’era anche Johnny!
Arrivati in piazza Riccardo verso le undici meno un quarto, troviamo mio fratello Tonino e Giovanni Abiuso, (Johnny per l’appunto), che guardavano la partita.
Salutati loro, ed altri amici, ci rechiamo senza indugio verso lo stand e chiediamo le anelate tre spine.
Non l’avessimo mai fatto!
Mi è toccato esclamare: “e noi che ci lamentiamo dei fratelli Cafter!”, aggiungendo la similitudine che accostava quella birra calda a ben altri liquidi…
Patita anche quella punizione, decidiamo di arroccarci nel bar dei citati fratelli, dove troviamo ad accoglierci Salvatore, che unitamente ad Alessandro, il dipendente del bar, finalmente ci danno la birra… questa volta fredda!!!
E che è successo?
E’ l’inizio dell’Apocalisse?
Nel frattempo ci raggiunge anche mio fratello ed altri amici ed il consumo di birra aumenta, ma la bevanda era sempre fredda e noi incominciamo a preoccuparci, prendendo ovviamente in giro il barista, rinnomato per il fatto che fornisce ai clienti birra che, quando va bene è buona per il brodo.
Ma la serata non poteva finir male!
Verso mezzanotte ecco la novità: Arriva Antonio Marino, (Carlantino), e da quel momento è casino, nel vero senso della parola.
Ogni dire del nostro amico che è appena tornato dalla Lombardia è una risata e finalmente si scalda il clima, quel clima durato troppo poco, visto che all’una, come Legge richiede, Salvatore Cafter chiude il bar, congedandoci tutti.
Ecco dunque come una serata, partita con i migliori auspici, è stata da schifo almeno finché non si è ristabilito quel clima di giovialità, proposto da carlantino, clima che ha riportata in alto una bruttissima pagina vissuta in Gambatesa da chi, normalmente non si lamenta di niente cercando di mettere le giuste pezze d’appoggio anche dove è impossibile metterle, ma che ieri è stato in diversi momenti sul punto di perdere la pazienza e, come si dice oggi, sclerare.