Di Michele Santulli
Gemellaggio Roma-Parigi istituito nel 1956, sindaci Salvatore Rebecchini e Jaques Féron, nel 1959 due francobolli dall’Italia e dalla Francia, 29 e 30 gennaio: lo slogan dell’epoca era significativo di questa esclusività: seule Paris est digne de Rome; seule Rome est digne de Paris – Solo Parigi è degna di Roma, solo Roma è degna di Parigi! Da allora ogni anno la commemorazione di questa data avviene, piuttosto in sordina, con varie manifestazioni nelle due capitali anche se il significato originario e cioè la quasi connaturata fratellanza dei due Paesi non viene, stranamente, evidenziata e promossa come le vicende e la Storia giustificherebbero.
La fratellanza, pur se con le armi in pugno, s’impone quasi fragorosamente già con la conquista di Giulio Cesare, descritta nel celebre De bello gallico, la guerra in Gallia, il nome antico della Francia. Il generale Lucio Munazio Planco qualche anno dopo getta le fondamenta di quella che sarà la metropoli di Lione, assurta subito dopo a ruolo significativo in quanto divenuta la zecca per la monetazione d’oro e d’argento. I segni della pacifica convivenza sono ancora visibili nei monumenti d’epoca romana in Arles, in Nîmes, in Aix-en-Provence e in epoca medievale frequenti pur se non sempre all’insegna della pace furono le relazioni e i rapporti. In quei secoli e in quelli successivi l’Italia era divenuta solo una ‘espressione geografica’, non esisteva, esistevano vari stati indipendenti e quelli dominati da secoli da potenze straniere. Ma i rapporti tra Francia e questi Stati erano sempre attivi e produttivi attraverso relazioni dinastiche, artistiche, letterarie, politiche: si rammenti il monachesimo benedettino che letteralmente ricoprì la Francia di monasteri, significativo in particolare quello di Cluny in Borgogna al quale facevano capo gli oltre mille altri conventi benedettini nel Paese e quindi la diffusione di concetti fondamentali quali la istruzione, l’apoteosi del lavoro e dell’attività e naturalmente la devozione cioè la croce, il libro e l’aratro. Poi i Cistercensi di San Bernardo di Clairvaux in Sciampagna, a Casamari e a Fossanova e in altre località e la nascita del Gotico Cistercense e poi gli insegnamenti di San Tommaso d’Aquino e di Giordano Bruno alla Sorbona parigina.
Trovatori e menestrelli, Innocenzo III e il cesarepapismo, i papi ad Avignone per quasi settanta anni, Carlo VIII in Italia, Francesco I e Leonardo da Vinci, Caterina dei Medici e la Notte di San Bartolomeo nel 1572, Maria dei Medici moglie di Enrico IV e nonna del Re Sole, il Card. Mazzarino e poi congerie di famosi personaggi nel 1700 e 1800 e poi…
Gli uomini hanno non di rado portato a situazioni indegne di fratelli e sorelle come Mussolini che dichiara guerra alla Francia allorché occupata e invasa dai tedeschi!
Anche nelle lotte e inimicizie, sostanzialmente sempre vicini e amici. I cimiteri di Parigi registrano centinaia di presenze italiane quali, in quello di Père Lachaise, di Piero Gobetti, dei Fratelli Rosselli, Gioacchino Rossini, Amedeo Modigliani, Cino del Duca, Vincenzo Bellini, Gius. de Nittis, Gius.Palizzi, Maria Callas, i fratelli Bugatti……
In tale ricchissima relazione specifica Roma-Parigi un aspetto va particolarmente portato alla luce e dovutamente illustrato e ricordato grazie al loro significato e cioè il ruolo rivestito da una piccola nicchia tra le migliaia di presenze di italiani a Parigi e dintorni e cioè quella dei ciociari, specie dalla Valcomino. In effetti la piccola comunità la incontriamo a Parigi già alla fine del 1700 per poi nel corso del 1800 accrescersi ad almeno sette-otto mila anime solo a Parigi e sobborghi: qui, riallacciandosi a quanto già vissuto a Roma, una parte si distinse per la vestitura indossata e cioè il costume ciociaro che gran parte degli artisti non solo francesi continuò a ritrarre, mentre un’altra parte s’evidenziò in maniera clamorosa e preminente in un’espressione differente, quella delle modelle e modelli di artista che a Parigi, durante circa settanta anni, dal 1860 in poi, occupò quasi per intiera la animatissima scena artistica cosmopolita del momento: anche la crema dell’arte ricorse alle modelle e modelli ciociari quali Degas, Renoir, Corot, Cézanne, Manet, Rodin, Matisse, Van Gogh, Picasso….
Memore e grato della propensione di Napoleone III all’aiuto alle guerre d’indipendenza dell’Italia nascente, lo scultore Vincenzo Vela (1820-1891) realizzò negli anni della raggiunta unificazione 1861-62 un’opera in marmo estremamente significativa dedicata specificatamente all’imperatrice Eugenia; “L’Italia riconoscente alla Francia”, a petto nudo perché mancante ancora di Roma.