Di Salvo Di Noto
Quante dosi di cocaina servono per uccidere una persona? Il caso della 15enne Nora Jlassi, morta per overdose, deve far riflettere chiunque alimenti, tolleri o resti indifferente di fronte a questo sistema di morte. Perché la droga è un crimine. Lo spaccio è ancora peggio: un degrado silenzioso alimentato anche da reti criminali ben organizzate che usano i giovani come pedine sacrificabili, come strumenti da sfruttare.
Per la criminalità organizzata le persone non esistono, esiste la carne da macello, oggetti pronti all’uso. Se osano ribellarsi, se non obbediscono alle regole imposte dal sistema, vengono distrutte fisicamente e psicologicamente.
Penso a Luciana, la madre di Nora e le sue parole ascoltate troppo tardi: «Ho denunciata centoquarantasette volte la situazione di mia figlia, l’hanno circuita. In quell’appartamento c’era un’altra ragazza che vogliono uccidere». Parole che dovrebbero risuonare come un macigno nelle orecchie di chi ha il dovere di intervenire, ma che come spesso accade, resteranno nell’eco di un dolore inascoltato.
Dietro il traffico di droga non c’è solo lo spaccio di strada, non ci sono solo piccoli delinquenti che cercano di sopravvivere. C’è un’intera macchina criminale (invisibile, ma onnipresente) che sfrutta la solitudine, la fragilità, le insicurezze di giovani che cercano una via di fuga. Li prendono, li modellano, li stritolano. Quando non servono più, neanche li abbandonano, li uccidono.
Nora è l’ennesima vittima di una storia che tutti fingono di non conoscere finché non è troppo tardi. Perché è sempre così: prima sei invisibile, un’ombra ai margini della società. Solo dopo la morte, il tuo volto appare su tutti gli schermi e la vita si colora di tragedia e indignazione.
Ma le nonne lo dicono da sempre: “prevenire è meglio che curare” e quindi, perché aspettare che sia troppo tardi per agire?
Nel frattempo, quante altre “Nora” stanno soffrendo, quanti genitori stanno urlando nel vuoto senza che nessuno li ascolti?